domenica 30 novembre 2014

Kathmandu e dintorni (video)

Vi lascio con questo simpatico video...
Se trovo posto ad un corso di meditazione che già praticavo prima di partire per il viaggio, non sarò reperibile in nessun modo nelle prossime due settimane, perché sarò in silenzio e meditazione tutti i giorni tutto il giorno. Non potrò rispondere a vostri eventuali messaggi. Ciaoooo dal Nepal :-D


domenica 23 novembre 2014

Da Lhasa (Tibet-Cina) fino a Kathmandu (Nepal)

Da Lhasa fino a Kathmandu il viaggio è stato tutto di un fiato: un paesaggio montano a volte nevoso e avvolte secco, fiumi e deserto. Un continuo susseguirsi di questi panorama. Scendendo dalla vettura si poteva udire il vento e apprezzare i brividi del freddo anziché detestarli. Si spostavano le poche nuvole che non osavano oscurare il sole accecante, dando anche al cielo l’idea di movimento.  Un cane in sosta nel bordo della strada  guarda l’orizzonte. E’ li, randagio ma fiero come nessun altro cane visto prima in vita mia; non è costretto ad aver bisogno dell’umano per vivere. Mi inchino e lo saluto, lo vorrei come compagno di viaggio per un breve pezzo di vita, sarebbe un ottimo compagno indipendente. Piccole e solitarie mandrie di yak riesco a vedere, che non temono il freddo grazie alla lunga peluria. Questi animali sono fondamentali per la sopravvivenza dei tibetani: carne, un po’ di formaggio e latte. Qui non esiste frutta e verdura e il trasporto delle merci, come ad esempio i cereali, è complicato. Se ne occupano soprattutto i ragazzi giovani che per giorni e giorni camminano trasportando un enorme sacco con la cinta tenuta in fronte. Ogni tanto c’è un piccolo agglomerato di case: bimbi che incuranti del freddo giocano dentro un ruscello, con la “candela” penzolante al naso, e il volto impolverato. Ci salutano come fossimo un bel miraggio. Quanto vorrei riuscire a comunicare con loro! Ma non conosco la lingua tibetana e il campo base Everest ci aspetta prima del tramonto. Su e giù con la vettura a 8 posti: quante buche, lastre di ghiaccio e polvere su questa strada non asfaltata che porta all’Everest!  Siamo in sei: io, la guida, il pilota e una simpatica e cara famiglia, padre madre ed il figlio quasi trentenne. Vengono da  El Salvador, un piccolo stato dell’America centrale. Arriviamo al campo base, avrei sperato di essere sopra le nuvole e fare un bel video ma invece mi trovo davanti all’Everest, così imponente e accogliente che mi fa dimenticare le nuvole e mi fa girare la testa! Siamo a 5200 metri di altitudine, manca un po’ di ossigeno, così ne approfitto per “sballarmi” ancora di più, girando velocemente su me stesso fino a perdere l’equilibrio. Woooooooooo!!! Wooo Wooo Wooo!! E’ il mio grido di liberazione, qui solo il cosmo mi più sentire! Non sento più nulla, nemmeno i dolori cervicali che il freddo, il vento e le continue vibrazioni della vettura avevano momentaneamente risvegliato! Sono quei momenti in cui potresti morire ed essere in pace. Hai risolto il tuo debito, sono finite le domande, hai tutte le risposte perché hai la conferma di quale dovrebbe essere il tuo naturale state d’animo… Beatitudine e non sofferenza mascherata da felice ipocrisia. Mi ricompongo, ma quello stato rimane, anche quando la notte si dorme a -15 gradi nella guest house li vicino. La notte! Si la notte nelle montagne del Tibet; non c’è la luce artificiale delle città che oscurano le stelle. Alzando gli occhi le vedo tutte. Alcune, l’astronomia, forse, deve ancora scoprirle… Mi “diverto” ad unire con linee immaginarie le stelle, creando strade, visi, parole, situazioni che sembrano anticiparmi ciò che accadrà in futuro… Shhh, è ora di dormire… Ma prima una lacrima di gioia.. anche due va! 
A proposito della guest house… Li alloggiava anche una famiglia dal Messico: padre italiano, madre messicana e il figlio di 14 anni. Stavano facendo il giro del mondo in un anno, approfittando dell’anno sabbatico che viene concesso ogni 7 anni. Mi sembra che valesse per docenti di università come loro. Il figlio perderà un anno di scuola ma  con l’esperienza che sta facendo ci guadagnerà tutta la vita… Bravi! Ci si rivede in Messico per raccontarci! 
Man mano che che ci si sposta dalla zona del Tibet che ho visitato verso il Nepal, l’altitudine diminuisce da 5300 a 2000 e ci si trova a costeggiare il fiume Yellow in mezzo le montagne ricoperte di verde… Che panorama!! Ne rimango incantato e vorrei che questa giornata non finisse mai. Ma arrivano anche le risate…
Sempre assieme alla famiglia di El Salvador, attraversato il confine cinese del Tibet, ci troviamo in Nepal e c’è solo una strada stretta, non asfaltata  e infangata in mezzo le montagne che porta a Kathmandu, la capitale del Nepal. In questa strada passa di tutto: gente a piedi, camion, bus, moto, cani. La maggior parte dei bus e dei camion si piantano in alcune salite ripide e quindi si assiste ai vari tentativi di attraversamento di quel dato pezzo di strada. I camion e i bus ringhiano, accelerano da fermi, prendono la rincorsa, fumo del carburante bruciato ovunque, ruote che sgommano facendo volare il pantano e creando nuove buche, gente che riprende con il telefono. Ma niente, il primo tentativo è stato vano. Si ricomincia. Due, tre, fino anche 10 volte… Nel frattempo le code dei mezzi da ambo i lati si allungano. Ma chi se ne frega se non arriviamo a Kathmandu io sto bene anche qui a guardarmi lo show! 
Dopo qualche ora riusciamo ad attraversare quel tratto di strada e arriviamo nella capitale. Saluto caldamente la famiglia di El Salvador con l’appunto che se passo dalle loro parti vado a salutarli.
Sono a Kathmandu da qualche giorno, c’è un gran caos che i primi due giorni mi ha frastornato. Molti turisti nel centro, ma ora mi sono abituato a questa frequenza. E’ il problema che ho ogni volta quando passo da posti incontaminati alle città caotiche. 
Ho conosciuto persone molto interessanti, viaggiatori che come me, usano questa esperienza per conoscere meglio loro stessi. Kathmandu, cominci a piacermi, tu profumi un po’ di quell’India che già conosco ma a breve ti lascio per mete “ignote” :-D






venerdì 7 novembre 2014

Un tuffo nel passato con la sosta a Kashgar (Cina)

Sono al secondo piano, nel dormitorio dell’ostello dove alloggio, è mattina e il sole sorge proprio davanti l’entrata della stanza. C’è sempre qualcuno che si sveglia prima di me, aprono la porta del dormitorio ed entra il gatto persiano che vive in questo stabile, viene sul bordo del letto a salutarmi: miao, miao, frrr. Lo guardo con gli occhi semi chiusi. Forse comprende che non sono di queste terre, con la barba bianca e bionda e i capelli scompigliati e dopo il saluto se ne va. Esco dalla stanza, ondate di fumo dal grill in strada che cucina spiedini di montone mi avvolgono dandomi uno strano buongiorno, annebbiandomi la vista! Buongiorno Kashgar! Anche oggi splende il sole! Davanti a me la piazza principale  di questa antica città e l’antica moschea Id Kah. Si odono i venditori per strada che richiamano l’attenzione dei passanti con un linguaggio a me indecifrabile: pane, carne di montone, frutta, oggetti di uso comune ma c’è anche chi, silenziosamente, a bordo strada chiede l’elemosina con il solo braccio posto in avanti e la mano aperta. Faccio colazione con quello che rimane di quello che ho comperato il giorno prima: banane, mele, tè o caffè solubile. Fantastico! E’ un privilegio fare colazione all’aperto comodamente seduto con il sole  sorto da poco. Molte volte, nei 40 giorni di corsa per arrivare in Cina, quando dovevo viaggiare da un posto all’altro, la colazione saltava e capitava di mangiare qualcosa nel pomeriggio o la sera. Una bella lavata alla faccia e via a farsi un giro, indossando sempre le solite cose che ogni tanto riesco a lavare: un paio di pantaloni color verde oliva con tasche ovunque e una maglia in pail, che sembrano essere diventati la divisa ufficiale per questo viaggio.
Per le strade, mentre cammino, si odono i clacson o i bizzarri allarmi dei mezzi di trasporto in sosta che continuano a scattare: sembra di essere alle giostre di una qualche sagra italiana. I tanti scooter che circolano funzionano a batteria e sono silenziosi, quindi devo stare attento a non rimanere investito perché non li sento arrivare da dietro. Ci sono ancora i carretti trainati da asini e cavalli che a vederli, mi portano indietro nel tempo come se fossi già stato in questo luogo.  La gente, anche qui  mi guarda incuriosita, ci sono pochi occidentali, almeno in questo periodo. Ci sono i venditori di 'hami gua' (il melone verde tipico dello Xinjiang), i panettieri che cucinano il pane 'naan' all'interno del loro forno , venditori di tabacco ma anche di pesche, uva, angurie, banane, zucche e la carne di pecora, il tutto nei loro carretti portatili.  La maggior parte dei passanti maschi indossa la 'doppa' il copricapo tradizionale, e sfoggia una barbetta sotto il mento, ben curata, lunga fino a venti centimetri. Le donne con il capo coperto dai veli colorati. Kashgar è una città dove si fondono più culture e tutti mi dicono che diversa dalla Cina orientale. E’ una città il cui passato è ben visibile:  nelle botteghe affacciate alla strada si praticano mestieri antichi: c’è il fabbro che batte il ferro incandescente, c’è il falegname che intaglia mestoli e giocattoli per bambini, c’è chi modella la cassa del mandolino. Non mancano comunque i negozi moderni e i supermarket.
Ci sono dei giorni in cui passeggio con una ragazza cinese di Shangai conosciuta in ostello. E’ un ottima compagnia, mi traduce quello leggo o sento in cinese, e mi è stata di aiuto per prenotare i tre biglietti del treno che mi porteranno da Kasgar fino a Lhasa in Tibet, un tragitto che farò assieme a lei. Per la prima volta dall’inizio di questa esperienza non viaggerò 'solo'. Sono un tipo solitario e così sto bene, questa è la mia principale natura, ma quando trovo buona compagnia per percorrere pezzi di vita, anche se brevi, è sempre un bel regalo di cui sono lieto.
Questa è la mia sosta a Kashgar. Dove ho il tempo per rilassarmi, prendermi cura di me stesso sotto altri aspetti. Fa parte di questo viaggio dove nulla è banale o scontato, nulla è monotono. Sono “costretto” a restare attento quasi sempre a tutto ciò che accade, perché in questo viaggio la mente non divaga nei trabocchetti della noia, né in quelli dell’attaccamento a qualcuno o qualcosa. Mi accorgo di quanto la vita possa  essere vissuta intensamente lasciandoti un costante senso di gratitudine anche nelle difficoltà. Grazie! Che in cinese si dice “Xie Xie”.  Il 9 novembre si avvicina, il viaggio verso il Tibet mi aspetta… 




sabato 1 novembre 2014

L'arrivo in Cina dal Kyrgystan

Dopo circa quaranta giorni, ieri, ho passato il confine cinese!
Sono partito dall'Italia con l'obbligo di entrare in Cina entro il 7 novembre anziché dicembre come avevo richiesto. Questo ha ribaltato alcuni miei progetti dando la priorità al correre anziché ad alcune mie ricerche. Ma nulla accade per caso: è solo una questione di comprendere o non comprendere cosa sta avvenendo. Mi sono lasciato andare agli avvenimenti giorno per giorno anche quando la logica mi diceva "ti stai fregando". Nelle difficoltà è sempre arrivato qualcuno o qualcosa ad aiutarmi o assistermi. In particolare ad Osh nel Kyrgystan non riuscivo a comunicare sia perché è tutto scritto in cirillico sia perché nessuno parla inglese e i tourist centre information erano chiusi perché fuori stagione. Capire se c'era un bus che parte da Osh per Kashgar in Cina è stata una impresa. Anche in internet le informazioni erano poco attendibili per questa stagione. Comunque il bus non l'ho trovato ma ho trovato un tassista il cui figlio parla italiano e faceva da traduttore tra me il padre al telefono per capire come fare, ma  senza avere la più pallida idea di cosa ci fosse dopo il confine e con quali mezzi muoversi successivamente. Decido di farmi portare dal tassista nel confine l'indomani, anche perché ero stanco di rimanere nel fatiscente hotel dove alloggiavo senza acqua calda e riscaldamento. Scopro una volta arrivato che tra il confine del Kyrgystan e quello della Cina ci sono 7 chilometri di distanza, da farsi a piedi in mezzo le montagne. Bene dico, si parte a piedi finalmente! Trovo un camionista cinese che mi da un passaggio fino alla prima pompa di benzina e poi mi fa scendere. Procedo a piedi e arrivo al confine cinese! Arriva di corsa in macchina un incaricato della frontiera cinese e mi ferma dicendomi di aspettare una macchina bianca che mi porterà nello stabile per controllare il passaporto. Nel contempo arriva dal lato cinese una vettura con quattro persone a bordo che vedendomi a piedi con zaino in spalla arrivare dal Kyrgystan si fermano, scendono e mi scattano foto e fanno dei video. Tra me e me penso: MHA! Arriva la vettura che mi porta nello stabile per i controlli. Tutto ok, sono in Cina! Trovo altre due persone con proseguire verso Kashgar in taxi e dividere le spese del viaggio. Ora sono a Kashagar in Cina, altra città importante della Via della Seta. Sono finite le corse per arrivare in tempo da qualche parte perché scade il visto, o non ho il visto  come quando dovevo attraversare il Turkmenistan. Ora saranno giorni di vacanza fino al 9 novembre. Poi, grazie al permesso che ho appena ottenuto per andare in Tibet andrò in treno a Lhasa... Un lungo viaggio di tre giorni per andare in un luogo che sento essere straordinario...