lunedì 1 gennaio 2018

Viaggio a Uluru. Outback da Townsville a Port Augusta

Cape Jervis 31/12/2017

Da qualche giorno con l'arrivo a Port Augusta (South Australia), il viaggio attraverso l’Outback (deserto), è giunto al termine. Un viaggio lungo quasi 5000 chilometri in 8 giorni guidando da Townsville (Queensland) nella East-coast , fino a Port Augusta nel Sud Australia (South Australia).
La missione di questo viaggio era arrivare ad Uluru (Ayers rock), il più imponente  massiccio roccioso dell’Outback. Uluru si trova nello stato del Territorio del Nord (Northen Territory), nel parco nazionale Uluru-Kata Tjuta, a 450 chilometri sud-ovest della città di Alice Springs. Si tratta di un luogo sacro per gli aborigeni ai quali è stato riconsegnato dalle autorità australiane, formalmente, nel 1985. Uluru è il nome aborigeno originale del luogo e significa “strano”.

Essendo piena estate il comune denominatore sempre e comunque è stato “caldo rovente”. Lo sapevo ed ero preparato. Frutta come mele e banane non sono mai mancate, insieme ai 6/7 litri di acqua che bevevo al giorno a causa della intensa sudorazione. Per il resto cibo in scatola o comunque confezionato a lunga conservazione.

Nella strada verso Uluru incrociavo spesso i treni. Così vengono chiamati i camion con tre rimorchi, lunghi in tutto 52 metri. 



Di fianco a me la lunga ferrovia. 



Non ho notato nessun camper, caravan o auto turistica che percorreva la mia stessa strada per giorni. Nelle aree di sosta mi sono sempre trovato solo per la notte per buona parte del viaggio.



Il panorama del Outback è generalmente caratterizzato da vegetazione arbustiva che riesce a resistere nella stagione arida grazie alle falde acquifere che si riempiono durante la stagione delle piogge. Il suolo è polveroso, di colore rosso grazie alla presenza di ferro.









La strada è lunga, dritta, la velocità è sempre la stessa 90/95, l’aria condizionata viene accesa solo nelle ore più calde, sia per risparmiare benzina sia per non forzare troppo il motore. La vettura che sto guidando non è progettata per il deserto, ha 15 anni, e l’ho comperata quasi ad occhi chiusi… Meglio non rischiare! 
Le uniche segnaletiche che si possono vedere ai bordi della strada riguardano il pericolo di attraversamento canguri e bovini.


Non è raro trovare le carcasse di questi animali ai lati della strada, specialmente dei canguri che sbucano sia all’alba che al tramonto. I bovini possono essere fermi in mezzo alla strada di notte, più facili da individuare ed evitare. 
Tra le varie carcasse ci sono anche quelle delle automobili andate fuori strada ed accidentate o che hanno smesso di funzionare


Durante il giorno guido sempre con finestrini aperti, braccio destro fuori dal finestrino, tanto che ho fatto le bolle sul braccio a causa del sole battente. 


Circa ogni 500 chilometri si può trovare un piccolo paese per fare rifornimento. Di solito contano pochi abitanti 200/300 ma raramente ho visto persone in giro per le strade




Controllo spesso gli indicatori nel cruscotto della vettura, soprattutto quello della temperatura del motore. A volte metto della musica, specialmente una cassetta che ho trovato inaspettatamente dentro l’auto quando l’ho comperata. Formicai ai lati della strada piccoli e giganti danno un volto simpatico al deserto soprattutto quando sono vestiti. Per vestiti intendo che qualcuno ha tentato di dargli anima mettendogli una maglietta, una gonna, una cravatta. Una specie di Outback’s art. Alcuni sono proprio simpatici!




A volte mi fermo per mangiare qualcosa o semplicemente per fare una pausa, sedermi e ascoltare il vento che non manca mai e sembra comunicare qualcosa di ancestrale che solo l’inconscio riesce a recepire. Durante le soste, soprattutto nel centro Australia, decine e decine  di mosche mi attaccano il viso: vanno dappertutto, dentro le narici, negli occhi, dentro la bocca quando mangio. Sono insopportabili e qualche volta mi spazientiscono.

Dopo alcuni giorni di viaggio arrivo ad Alice Springs a soli 450 chilometri da Uluru. Qui posso fare rifornimenti di acqua e frutta e noto quanti nativi aborigeni ci sono! Un sogno si sta per realizzare! Anni fa avrei voluto unirmi ad una tribù aborigena e vivere con loro per un periodo, una idea figlia di un libro che avevo letto e che mi era stato regalato da una cara amica, ma per ora mi accontento volentieri di vedere il simbolo della loro cultura e capirne un po’ di più.

Grazie al suggerimento di una amica che ci è stata prima di me, decido di entrare al parco nazionale Uluru Kata -Tjuta appena lo aprono, prima dell’alba. 
Il monolito colossale prende vita grazie ai primi raggi di sole che lo illuminano, la temperatura è ancora gradevole, non ci sono tante mosche, incredibile! Ci giro attorno guidando l’auto, lentamente e poi mi fermo. Scendo e resto immobile, in piedi, per un po’. Condivido la visione di quel simbolo con gli amici sul social network. E’ Natale, un nuovo sole. Un nuovo anno solare sta per generarsi.


Uluru da un punto di vista scientifico è solo una grande roccia ma se andiamo più a fondo è molto, molto di più. Uluru è diventato un simbolo. Ha alimentato forme pensiero per millenni, creato immagini, speranze, certezze, dato forza e coraggio e ha contribuito a dare sacralità e purezza alle anime dei nativi del luogo. Un nativo che crede in quel simbolo può fare cose straordinarie che la mente razionale e normale comune non può concepire. E’ come un amplificatore dei poteri della mente, dell’inconscio… Un canale per la propria essenza. Ecco perchè gli aborigeni hanno lottato tanto per riottenere queste terre che erano state rubate. 
Dal 1985 Il parco è tornato alla gestione degli aborigeni e viene conservato con la collaborazione dei rangers australiani e volontari. Un parco molto ben curato.

A circa 50 chilometri di distanza da Uluru c’è Kata-Tjuta una formazione rocciosa che comprende oggi 28 cupole. Vado a visitarle. Sono le 3 del pomeriggio, sono stanco e fa molto caldo, ma non posso mancarle. 


Tra i pochi cammini accessibili per visitare i fianchi delle cupole ce n’è uno davvero suggestivo che porta in mezzo a due cupole le quali sembrano formare una gola senza fine. Il tutto in mezzo a colline ed un vento fortissimo che fischia come nel finale del film western “il buono, il brutto e il cattivo. Camminando verso la gola, la stanchezza si fa pesante e ad un certo punto decido di tornare indietro ma cambio idea di nuovo e continuo. Incredibilmente, noto che il cammino sarebbe finito da li a poche decine di metri, davanti alla gola formata dalle due cupole, su una pedana con un paio di panchine per sedersi e contemplare. Non sono solo, ci sono altre persone li, ma nessuno parla, tutti in silenzio. Contemplo il luogo, ascolto il vento, respiro…


Mi emoziono, scendono lacrime di gioia, di libertà. E’ una emozione inaspettata, sento il cuore aperto come da tanto non succedeva. Mi sento fortunato e grato ad essere li. Sono grato di non essere tornato indietro. Ero stanco ma ho continuato ancora per un po’, fino alla fine di quel cammino ed ho ritrovato il piccolo tesoro che è dentro me stesso: la fiducia. La fiducia è tutto quello di cui ho bisogno ora. E’ bastato un piccolo sforzo in più, un po’ più di presenza e costanza. Grazie!

Torno ad Uluru e dopo avere visitato il centro culturale che racconta la storia degli aborigeni di quella zona e di come hanno riconquistato la loro terra, tento di fare un riposino sotto una capanna. 



Qualche minuto solo, fa troppo caldo. Ho davanti a me Uluru. Quanto sei bello con il vento che ti danza attorno, sembri di un alto pianeta Uluru…Ti guardo a lungo.


Decido di tornare nel campeggio prima del tramonto, mi aspettano 115 chilometri per arrivarci. Ci sarebbero delle zone apposta per vedere Uluru illuminato dal sole durante il tramonto, ma sono stanco e voglio essere nel campeggio prima che sia buio ed evitare possibili attraversate nella strada di canguri durante il tramonto. Sono comunque combattuto in questa decisione. Tornando verso il campeggio costeggio Uluru. Ho il groppo in gola ad andarmene, è come se stessi salutando un amico di infanzia che non vedrò mai più. Decido di tornare indietro e di stare ancora davanti al monolito fino al tramonto. Che gioia! 


Dopo Uluru i tre giorni seguenti sono quelli che , andando verso sud, mi hanno portano fuori dal deserto. Sono passato per Coober Pedy dove da molti anni scavano per trovare le pietre preziose Opale, e dove nei pressi ho trovato l’area più desertica del viaggio per dormire. C’era solo terra rossa, mosche, qualche arbusto e l’amico vento che da giorni mi parlava… Il posto più bello, enigmatico e misterioso dove ho dormito fino ad allora durante il viaggio.


L’ultimo giorno passato nel deserto faceva molto caldo, come mai prima. 
Era di pomeriggio quando ero nei pressi del Hart lake, un lago salato di colore bianco.


La temperatura di Falcon (la mia auto) aveva cominciato a salire e scendere. A volte con il climatizzatore acceso la temperatura saliva e mi preoccupava, ma se lo spegnevo era troppo caldo. L’aria mi arrostiva la pelle sia in auto che fuori dall’auto e non c’era ombra nei paraggi. Pensavo a che noia sarebbe stato fermarsi per una rottura della macchina con quelle temperature in quella zona! Ad un certo punto, facendo una breve salita, la temperatura è andata sempre più su. Mi sono fermato e ho spento la macchina. Dopo un po' sono ripartito e fortunatamente, dopo qualche chilometro, ho trovato un'area di sosta con tettoia per le auto. Ne ho approfittato per ripararmi dal sole. Che fortuna! Da li a poco si è alzato un vento fortissimo, una specie di tempesta di sabbia è venuta verso di me. 


Il vento scuoteva la macchina, tutto quello che attorno era vagante volava via: rami e rametti soprattutto. Niente di preoccupante comunque, solo non potevo cucinare per la cena. Il vento portava via anche tutto il caldo. C’era aria fresca finalmente! Il deserto stava terminando ormai. Adelaide mi aspettava… Che viaggio!

Scrivo da Cape Jervis a 105 chilometri sud da Adelaide


Non è l’ultimo metro di cammino quello più importante che conduce al tuo tesoro ma è il metro successivo, quel piccolo sforzo in più...