mercoledì 16 dicembre 2015

giovedì 19 novembre 2015

Si torna fuori Europa: Myanmar da scoprire!

Dopo sei mesi di stop riparto dal Myanmar…
Nei mesi che sono rimasto in Italia, prima della mia ripartenza, mi è spesso balenato in testa, nel caso ne avessi avuta ancora la possibilità, come avrei ottimizzato il tempo del viaggio che avevo improvvisamente interrotto, dove sarei andato… Parlo di ottimizzazione perchè ho scoperto (meglio tardi che mai) che il tempo andato è andato, e anche se ci fossero milioni di reincarnazioni che ci mettessero davanti le stesse simili situazioni, questa esperienza, di questa vita, è unica e non va sprecato nemmeno un secondo.
Da qui la scelta di viaggiare anche in aereo per andare dove, attualmente, posso imparare quanto reputo ancora necessario viaggiando. E infatti, giusto per contraddirmi, eccomi qui nel Myanmar a fare praticamente il turista invece di andare direttamente in Thailandia ad imparare il Thai yoga massage come avevo pensato…
Ma come potevo resistere all’idea di vedere un luogo dove la maggior parte delle persone fuori dalle città usano ancora i carretti trainati dai buoi come trasporto principale? Come potevo resistere dal vedere di persona oltre 2000 templi buddisti costruiti quasi 1000 anni fa nella città di Bagan… E il lago Inle dove ci sono i pescatori su di una barchetta che con una gamba remano, con l’altra si tengono in piedi e con le mani pescano grazie ad una rete… Quindi ho detto fanculo, mi prendo una vacanza e in Thailandia si va successivamente…

Prendo l’aereo da Venezia, ore e ore di viaggio. Smetto temporaneamente di meditare seduto e mi riprometto di riprendere quanto prima… 25 ore di viaggio, 3 cambi di aereo, non riesco a dormire, sono eccitato, dovrei riprendere subito a meditare… Ma è come se stessi tornando a casa da un’altra famiglia; anche se è una casa e una famiglia diversa da quella biologica in cui sono vissuto e cresciuto per la maggior parte della mia vita e a cui sono grato… Mandalay, seconda città del Myanmar dopo Yangon, e vecchia, vecchissima capitale di tempi andati… Eccomi sono arrivato! Nessuna preoccupazione, mi sento un viaggiatore esperto adesso. E poi ho imparato anche l’inglese, ora leggo pure i libri in inglese… Eppure certi imbarazzi sembrano non passare mai; come è successo con una ragazza tedesca in aeroporto che parlava inglese meglio di un inglese e che un po’ faticavo a seguire… Insomma, c’è un po’ di ruggine da togliere ma nulla è impossibile… 
Nel frattempo mi organizzo: numero di telefono birmano, cambio della moneta, scarico una applicazione su telefono che mi da tutte le mappe del mondo off-line e quindi anche quella del Myanmar, grazie al suggerimento di un tizio sud-africano conosciuto in taxi… Sono a Mandalay e comincio a visitare questa bella città a partire dal Royal palace che ha una cinta muraria lunga chilometri e kilometri… Il U bain ki bridge, un ponte di legno lungo un kilometro, l’antica cittadina di Inwa e Mandalay hill la collina alla cui cima ci si arriva tramite una lunga scalinata, sezionata da piccoli templi, e su cui ho visto uno dei tramonti più belli di tutto il Myanmar. 
E il verso che i birmani usano per chiamarsi dove lo mettiamo? A lettere non saprei come definirlo ma è identico a quel verso che in Occidente si usa per chiamare dolcemente il cagnolino o il gattino per darli da mangiare o accarezzarlo… Dopo qualche indugio, passata l’idea che sarei scoppiato a ridere, ho provato anche io il verso, e funziona! Mentre cani e gatti ti snobbano o ti guardano con la testa inclinata...



Bagan, la piana dei templi buddisti, il luogo che più di tutti desideravo visitare nel Myanmar. Se non che, dopo una mezza giornata in scooter, sotto la piaggia e senza k-way mi ritrovo con diarrea e un forte raffreddore che ho smaltito solo dopo una decina di giorni… Niente alba o tramonto surreale a Bagan, il tempo non ha retto, però che piana maestosa! In origine i templi erano oltre 12000, costruiti tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo, dai vari sovrani che si sono susseguiti. Adesso ne sono rimasti circa 2200 in un’aerea di circa 42 chilometri quadrati. Non c’è nulla di simile in occidente, bisognerebbe raggruppare tutte le cattedrali medioevali europee in un fazzoletto di terra…




Seguendo sempre la rotta turistica, da Bagan mi dirigo verso il lago Inle. L’indomani del mio arrivo affitto una barca con guida e mi lascio trasportare dove lui sa. Ed ecco che mi porta nei negozi delle palafitte lungo il lago. Una situazione già vista e rivista in altre parti del mondo ma alla quale stavolta non mi sono opposto, anche se ho lasciato tutti i negozianti delusi visto che per me lo shopping per piacere è ormai una storia antica… Il paesaggio è suggestivo, e mentre si arriva nel mezzo del lago si possono notare i pescatori che usano tutta una loro tecnica per pescare. In pratica usano una gamba e un braccio per remare, con l’altra gamba si tengono in piedi sulla prua (parte anteriore di una imbarcazione) e con il braccio rimanente pescano con una rete. Lungo il lago ci sono le abitazioni riposte su delle palafitte su cui ci sono anche le scuole e i negozietti. Una visione che mi ha ricordato un po’ la vita che si svolge in alcuni punti lungo il Rio delle Amazzoni in sud america… I negozietti sono ben architettati; infatti, prima di venderti il prodotto finale, ti fanno visitare la lavorazione artigianale in laboratorio: argento, seta, loto, tabacco… Perlopiù prezzi per ricconi come la sciarpina in seta di loto che ho visto a 500 dollari…
Oltre ai pescatori, un’altra cosa interessante sono state le estese piantagioni di pomodoro galleggianti che vengono curate da operai addetti, stando in piedi su delle barchette. E’ bello girare in mezzo i canali d’acqua, con ai lati le abitazioni/palafitte. I canali sembrano strade d’acqua e non manca di incrociare altre barchette con residenti a bordo. Qualcuno si aggancia per venderti qualcosa ma senza opprimerti. Qualcuna invece ti lancia un bel fiore di “stagno” per darti il benvenuto e l’ego mago/illusiorio mi fa pensare che sono un figo… Alloggiavo nei pressi di Nyaungshwe, la cittadina principale dove si può alloggiare vicino al lago Inle. Li si possono anche affittare biciclette e scooter e farsi un giro nel bel circondario…



Il tuor birmano fai da te continua e per logica finisco a Yangon, l’ex capitale e maggiore città del Myanmar, dopo un viaggio nel “bus era glaciale”. Se la temperatura esterna è di 30 gradi i bus turistici birmani possono arrivare a quella interna di 17/18 gradi e non basta la copertina che ti danno in dotazione. Servono maglioni o un litro di vodka per scaldarsi…
L’arrivo a Yangon non mi ha dato il benvenuto portandomi idee chiare sul da farsi successivamente, ci resto due giorni e visito la imponente Shwedagon pagoda con il suo stupa dorato alto 98 metri sulla collina di Singuttara e che di conseguenza domina il profilo della città. Davvero un bel vedere.  E’ la pagoda buddista più sacra per i birmani, con le reliquie conservate di quattro Buddha dei cinque vissuti nell’enne attuale, tra cui anche 8 capelli di Siddharta Gautama, il Buddha storico. 
Per il resto Yangon mi è sembrata una città caotica e inquinata come tutte le città del mondo, abbastanza comprensibile da girare anche se un po’ scarsa di mezzi pubblici. Ma questa è una mia opinione soggettiva dettata dal fatto che con le grandi città a "smog" non ho più un bel rapporto. E' rimasta ordinata il giorno delle elezioni politiche e anche quelli successivi, che hanno determinato la schiacciante vittoria della Donna, premio Nobel per la Pace, San Suu Kyi e del suo partito...



Le città rilasciano troppo smog e la mia respirazione comincia a risentirne, tosse e irritazione alla gola non mi lasciano tregua dai gironi in cui ero a Bagan…
Così decido di andare in un posto migliore per me e meno inquinato: la bella a e quasi desertica spiaggia di Ngwe Saung dove, però, per pernottare ti costa un occhio della testa… Ma non sono pazzo e so di avere un budget limitato. Grazie ad un taxi-driver ho trovato un residence alla mia portata davanti al mare, e fuori da qualsiasi inquinamento acustico. Manca l’elettricità dalle sei del mattino alle sei di sera, non c’è wi-fi… Non importa! Arrivo con il bus alle 4 del mattino mi daranno la stanza solo alle 9. Sento il rumore delle onde del mare e mi fiondo in spiaggia dove vedo dei lettini di legno. Mi sdraio e contemplo il cielo stellato. E’ un bel vedere, e mi sento intensamente fortunato della mia vita e penso che alcuni bassi dell’esistenza hanno un senso se poi ci si può sentire così…
Qui a Ngwe Saung non c’è nulla da fare, c’è solo il mare e la spiaggia e gli alloggi.  Ma c’è davvero poca gente, e se arriva qualcuno di nuovo nei paraggi te ne accorgi subito. Si fanno delle lunghe camminate in questa ancora incontaminata spiaggia, bagni nel mare fino a palmare le mani e si ascolta quello che ha da darti questa tipologia di natura. I tramonti sono tra i più vivi e intensi che io abbia mai visto e non me ne perdo uno. E quando è quasi tutto buio, dentro ancora in acqua. Ogni tanto incontro un granchio, una cavalletta o uno scarafaggio nell’incrocio tra terra e mare. Mi fermo a salutarli, osservarli o fotografarli, e se sono a pancia in su e impotenti con le zampette al vento, li rendo abili girandoli sotto sopra perchè possano godersi ancora un po’ questa esperienza. 

Le occasioni per chiacchierare con altri persone sono scarse, perché siamo davvero pochi e ci si incrocia di rado ma poco importa in questo periodo… Anzi più passano i giorni e più mi affeziono a questa tipologia di vita, cosciente che, comunque, prima o poi raggiungerebbe il suo culmine e mi porterebbe altrove...



Ma cosa dire delle persone del Myanmar?  Ho visto sorrisi, innocenza e voglia di fare... Voglia di chiacchierare magari solo per migliorare l'inglese e sapere chi sei, che lavoro fai, se hai famiglia; il che faceva bene anche a me. Sarà che quando viaggio mi focalizzo sul bello dell'esperienza e non vedo troppa malizia, ma questo paese è stato quello più incontaminato tra tutti quello che ho visitato. Anche qui, come in Iran, non manca di essere invitato a casa per mangiare e rendere una giornata ancora più speciale. Loro hanno un ospite e tu hai l'onore di stare con una famiglia di un'altra tradizione e cultura... Non manca di scambiarsi indirizzi e-mail e contatto del social network, perché anche qui, quasi tutti hanno lo smartphone. Anche quelle poche persone che ho visto vivere in strada ce l'hanno.

Ora sono appena arrivato in Thailandia, stavolta ho preso l'aereo così ho interrotto la lunga serie di confini via terra che dall'Italia mi avevano portato in India. Ma il sogno continua. E' il sogno di essere nella strada, quella giusta perché è la mia. E' il sogno che questa strada, nonostante le deviazioni, mi porterà alla meta. Conosci te stesso in barba al mondo e le sue paure... Adoro il mio strumento, è uno dei miei alleati; è il viaggio solitario con cui ancora oggi divento pioniere dei miei mondi. Dove l'amore non ha forma né rumore e dove, grazie ad esso, posso guarire le mie ferite; perché dove c'è amore non c'è tempo, non c'è illusione. Ci sono io, io davvero per quanto possibile.


mercoledì 3 giugno 2015

Dopo sette mesi di viaggio tornai in Italia

Quando l’obiettivo diventa sviluppare serenità e consapevolezza, la vita può metterti di fronte a delle situazioni che se non fai immediatamente quel click che innesca l’accettazione delle stato delle cose, tutto può diventare molto difficile. Ero nell’ est dell’India, tra la regione del Sikkim e il West bengal, e ricevevo la notizia che mio padre era venuto a mancare. E così, lo scorso 30 aprile  tornai in Italia, consapevole di quanto dovevo fare: interrompere il viaggio e tornare dalla famiglia.
“Attraversando casa” non è solo il nome che ho dato al blog riferito al viaggio fisico nel mondo. Si tratta anche di un viaggio interiore, per scoprire e capire, con non poche difficoltà, cosa nascondono le mie stanze, sotto il pavimento, sotto la polvere, e quali sorprese posso trovare. Se c’è presenza e connessione, ogni situazione può essere materiale importante per approfondire e imparare. Sette mesi di viaggio che hanno contribuito a prepararmi a questo avvenimento e a trasformare il dolore di una perdita così importante in ulteriore forza e compassione per me, per questa umanità che meglio ho compreso viaggiando, per avere ulteriori stimoli ad essere migliore nel proseguo di questo ciclo dell’esistenza… 

Sette mesi in cui, dall’Italia fino all’India, passando per il medio-oriente, il comune denominatore  di tutte le persone che ho conosciuto è volere stare bene, volere stare in pace e in armonia… Ma al contempo ogni essere umano ha la sua lotta interiore che crea sofferenza e quegli alti e bassi che accomunano ogni individuo che abita questo pianeta. Desiderio ardente e avversione sembrano scandire le giornate di molte persone, eppure nessuno ha bisogno di queste due componenti per vivere in pace e armonia. Credo che ci sia molta confusione su come raggiungere certi obiettivi e mantenerli. Ogni cultura e tradizione asserisce che le cose sono sempre state così e non si devono cambiare e i media di ogni paese influiscono nel plasmare il popolo verso questa o quella direzione. In molti vorrebbero cambiare ma si ha paura. Ci si rifugia nel piacere del contesto del proprio catalogo di credenze trasmesse nei secoli dei secoli. Credenze che mettono delle catene invisibili. Credenze, spesso, mai verificate. Anche non credere è una credenza…

Il mio viaggio comincia dall’Italia con la prima vera sosta in Turchia. Per poi proseguire in Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Kyrgystan, Cina, Tibet, Nepal e India. Senza aerei, zaino in spalla e con molti interrogativi poco prima della partenza ma senza esigenze di particolari risposte. La vita è ora, non domani. Decisi di rispondermi passo passo scoprendo che molte domande sarebbero scomparse.
“Fate di me ciò che volete perché io sto facendo quello che devo fare” Questa è stata la frase "magica" con cui sono partito e che ho tenuto a mente per un po’. Come puoi avere paura con una frase “magica” del genere in mente? L’unica, forse banale preoccupazione appena partito, era una possibile difficoltà nel comunicare in lingua inglese che comunque avevo studiato quasi ogni giorno l’anno precedente la partenza per il viaggio.

Comincia una nuova esperienza. Non avevo mai viaggiato più di un mese in passato. Parto nel settembre 2014, dopo avere mollato tutto in Italia, e la sensazione di libertà che ho provato è stata senza precedenti. Ufficialmente non sono più collocato, sono un nomade disadattato alle regole convenzionali che vagabonda dentro casa sua. Non mi accontento più di chiamare casa le quattro mura del paese dove vivo in Italia. Il pianeta Terra è casa mia, l’umanità è la mia famiglia. Quando senti questo dentro, nessun luogo della Terra che desideri visitare o essere umano con cui puoi stare può spaventarti. Sai che troverai sempre qualcuno disposto ad aiutarti se ne avrai bisogno, perché anche tu sei disponibile ad aiutare gli altri in modo naturale. Indipendentemente dai vestiti, il colore della pelle, la lingua parlata, la cultura e religione.  Un essere umano davvero sano, aiuta un altro essere umano come meglio può, se c’è il bisogno. E non sempre il migliore o più semplice aiuto è quanto si aspetta l'altro...

I primi 40 giorni si è scatenato di tutto, diarrea, dolori cervicali, dolori ai denti, raffreddori. Tanto è stato lo stress e il tumulto di emozioni per le nuove condizioni di vita; soprattutto nel tentare di arrivare in Cina via terra prima che scadesse il visto cinese il 6 novembre. Tutto di corsa! Eppure l’umore era sempre alto!  Fino a toccare l’apice arrivando in Tibet, con l’opportunità di attraversarlo, seppur velocemente e godermi il suggestivo paesaggio e la cultura tibetana. La città di Lhasa, i monasteri tibetani buddisti, la catena montuosa dell’Himalaya, il monte Everest… Mi vengono i brividi al pensiero di quanto ho potuto ammirare. 
Poi il bel Nepal delle gente cordiale, montagne, valli, fiumi… L’apprendimento della tecnica di meditazione Vipassana in un corso intenso di undici giorni a Kathmandu. Una delle esperienze più profonde e introspettive di tutta la mia vita. 
E poi la difficile, generosa ed incredibile India dove ci sono rimasto più di quattro mesi. A respirare lo smog e la polvere della strada, gli inconfondibili odori del cibo e dello sporco che il vento amalgama. Ad imparare... Ad osservare come un miliardo e duecento milioni di persone vivono semplicemente con quello che hanno a disposizione, e se non ce l’hanno, pazienza, tu sei il turista che in ogni caso puoi fare loro l’elemosina ogni giorno, ogni ora.  A te la scelta. A te il conto con la tua coscienza che prima o poi arriva, qualunque cosa tu decida. Arrivi da una cultura diversa, e quello che vedi in India è la terra delle contraddizioni. E se decidi di vivere in strada, zaino in spalla, l’unica cosa intelligente che puoi fare è lasciarti andare, seguire il flusso, ammalarti anche, oppure tornare a casa. In tutto il mondo non c’è nulla che assomigli all’India. Dall’approccio alla vita ancora molto religioso e molto sentito che hanno gli indiani, alle contraddizioni delle caste. Una vacca "sacra" può fermare il traffico ovunque distendendosi in mezzo alla strada per riposare; ma tutto può diventare sacro: un fiume, un animale, un essere umano, il cibo, un sasso, un movimento. Una parola può diventare un nuovo mantra. L’India che pullula di turisti occidentali in cerca di comprare la spiritualità e liberarsi dal proprio egocentrismo, ma poi se non si riceve il certificato del corso frequentato non si è contenti, non ci si sente “purificati”… L’India con più di venti lingue diverse riconosciute, dove si convogliano quasi tutte le religioni esistenti, dove da nord a sud e da est a ovest l’atteggiamento delle persone può cambiare molto. L’india del clima freddo e torrido. L’India dei grandi sapienti e dei grandi ignoranti, del ricco e il povero, dell’abbondanza e della carestia, della vita e la morte a braccetto e in continua esibizione. Dai cani randagi alle scimmie aggressive… L’india che ti insegna tutto se stai attento… Oppure ti può fare perdere tutto se dormi troppo! 

Eccomi ancora in Italia dunque. Già con molti impegni da sbrigare e da gustare. Mi fermo fisicamente per un po’. Apro il blog oggi, dopo molto tempo. Mi viene la pelle d’oca pensando a tutto quello che ho vissuto, che sto vivendo e a quello che potrei vivere. Sono ancora stupito dalla vita. Quel pianto misto gioia/libertà che è riapparso oggi durante la mia camminata giornaliera, mi ha lasciato ancora senza parole, come successe altre volte durante gli ultimi mesi.
Attraversando casa continua; è un viaggio senza fine alla scoperta di me, e che mi porterà ovunque sentirò che sarà necessario, fino all’ultimo respiro dell’esistenza. 



lunedì 27 aprile 2015

L'importante è giocare

Ho conosciuto questi due bimbi indiani, inarrestabili, nel viaggio in treno che da Delhi mi portava a New Jalpaiburi nel nord del West bengal. Mi hanno portato nella dimensione del gioco per circa 30 ore... Non sono solito giocare con i bimbi. Ma tra filastrocche in hindi e italiano, conte, canti, carte, battiti di mani, versi di animali, smorfie, prove di linguaggio e ripetizioni per verificare se tutti avevano imparato tutto, per un po' sono a a posto. Ahaha, che "fuori"... Grazie. 
Il gioco senza competizione, malizia e bramosia dovrebbe essere parte integrante di ogni giornata, per tutti. Anche questo guarisce... :-)



mercoledì 22 aprile 2015

Verso l'estremo est dell'India

Dopo il soggiorno di quesi un mese a Rishikesh, i primi di aprile, mi sono spostato verso le montagne di Dahramsala (circa 2000 mt), famosa per la sede (impropria) del Dalai Lama, la più alta carica spirituale del popolo tibetano e dove vi soggiornano molti rifugiati tibetani. Più precisamente alloggiavo a Dahramkot, il villaggio più in cima di quella zona. Freddo e pioggia per almeno una settimana mi hanno accompagnato nelle brevi escursioni che mettevano alla prova il fiato e la fatica alle gambe. Poi è sbocciato il sole! Non sono mai stato un tipo di montagna ma sto cominciando ad apprezzare, grazie anche al viaggio in TIbet, la bellezza e soprattutto la pace che questo genere di ambiente può regalare. L’estensione del verde, ammirabile ovunque la vista tenti di scappare, gli  alberi dalle molteplici fattezze di cui non conosco il nome e i molteplici sentieri da imboccare a piedi che, nei primi giorni, quando non conosci propriamente la destinazione, ti suggeriscono dei lavori straordinari con la immaginazione: chissà dove mi porteranno!? E così, con il massimo della semplicità, posso volare camminando… A Dahramkot ho re-incontrato persone conosciute a Rishikesh e con cui ho potuto, anche qui, condividere momenti e conversazioni, musica cibo escursioni, sguardi parlanti… Interessante questa India, crea delle connessioni inaspettate tra persone, e così, se la mente è abbastanza sgombra, ti godi quello che ti porta nonostante le più impensabili o precarie situazioni…

Decido a metà aprile di spostarmi da Dahramsala a Delhi per ottenere il visa per il Myanmar (Burma) e condivido il viaggio con una cara amica spagnola conosciuta a Rishikesh che, come me, sta viaggiando da sola per il mondo. Ri-scopro che quando condividi il viaggio con una persona con cui hai affiatamento il tempo vola davvero e non sembra mai abbastanza per raccontarsi… Grazie di tutto! 
Delhi è la prima città indiana che incontrai nel mio primo viaggio in India tre anni fa, la tengo nel cuore. Per quanto caotica e inquinata in certe zone, è l’unica grande città che, dalla partenza dall’Italia sette mesi fa, non mi ha dato disturbo e ci vivo bene nonostante i 35/40 gradi che gironzolano in questo periodo. Dopo varie peripezie riesco ad ottenere il visto per il Myanmar anche se manca un permesso speciale per attraversare il confine dall’India  verso il Myanmar via terra, ma non dovrebbero esserci grossi problemi ormai. Domani comincio a spostarmi verso le terre più a est dell' India e precisamente prima tappa a Darljeering (2000 mt altitudine circa) tra le regione del West Bengal e Sikkim. Trenta ore di treno con questo caldo torrido, ma immagino già l’aria che entra dal finestrino del treno e da infinito sollievo al mio corpo :-D Non male eh…;-)

                                                                 Dahramkot


New Delhi, Lotus (loto) Temple


New Delhi, main bazar road


domenica 29 marzo 2015

I maestri di Rishikesh (India)

Rishikesh, la città dell’india divenuta famosa per lo yoga dopo che i Beatles vi avevano soggiornato per qualche mese negli anni sessanta. Una delle prime città che il Gange incontra ai piedi dell’Himalaya. Rishikesh dei ponti di acciaio, degli occidentali che vengono ad imparare yoga, musica, canti indiani. Rishikesh di Shiva e dei templi indù… Ero venuto per imparare qualcosa sullo yoga come meglio potevo e mi sono trovato un insegnante indiano che mi ha dato lezioni private e molto intense… Ma lui non è stato l’unico insegnante a Rishikesh. A partire da una scimmia selvaggia, furba e svelta che mi ha fregato il sacchetto con dentro le banane appeso nel muro della mia stanza mentre ero intento a lavarmi i denti di primo mattino nel lavandino pubblico di fuori. Forse, se le cedevo la mela che avevo in mano il giorno prima, anzichè negargliela e chiudermi nella stanza, non avrebbe associato che dentro la mia stanza c’è la frutta. Però che divertente vedere la scimmia sul tetto dell’ashram dove alloggio che si mangia le mie banane guardandomi con sofisticata indifferenza… Queste scimmie sono aggressive ed organizzate: si presentano ad orari specifici, mattina e sera, e preparano gli agguati, anche di gruppo; specie quando si faceva acro-yoga di gruppo sul tetto dell’ashram nel tardo pomeriggio. Mi sono trovato a lottare brevemente con il cuscino come scudo, non avendo altro, per non cedere le banane una seconda volta… 
-Se c’è cibo per tutti dallo anche alle scimmie-
A Rishikesh, per le strade, ci sono le vacche nane, sembrano dei vitelloni da latte, e quindi non ti aspetti che mentre compri della frutta per strada, con un morso, ti portano via il cespuglio di verdura che tenevi in mano… 
-L’abito non fa il monaco- 
Sempre le vacche nane, in spiaggia, vengono a sdraiarsi di fianco a te, dopo averti osservato e annusato per qualche minuto. Di solito sono altri animali domestici che usano questi atteggiamenti e quindi dal subconscio scattano le carezze. Oh, come godono! Se poi gli lisci la zona della gola alzano la testa e sbarrano gli occhi come a dire “ non pensavo che potessero esistere tali sensazioni”. Noi esseri umani abbiamo il dono di potere usare le mani come nessun altro essere e che fortuna quando le usiamo per fare solo del bene smile emoticon Dopo un po’ di tempo prende e se ne va e può succedere che ne venga sotto un’altra, oppure il toro…
-Oh vacca nana… Cogli l’attimo :-D-
Sempre a Rishikesh un cane che educatamente si mette in posa ad aspettare un biscotto guardandoti con gli occhi “intelligenti” ha più possibilità di mangiarlo rispetto ad un cane che si mette in agguato per fregarlo al primo momento di distrazione dal pacchetto appena aperto.
-L’onestà paga meglio della furbizia-
Gli hippy a Rishikesh soggiornano senza troppe sovrastrutture, nell’ashram dove alloggio ce ne sono alcuni. Si preparano da mangiare, si lavano i panni, camminano ovunque piedi scalzi; per strada e anche nei non pulitissimi bagni. Anch’io, anch’io voglio questo contatto con la Terra che l’essere umano ha ormai perso! Così comincio a camminare piedi scalzo, tranne nei bagni, stando attento a non pestare qualche merda di vacca per strada. E’ terapeutico e mi viene in mente quando facevo questo molti anni fa, quasi tutto il giorno, in mezzo ai campi. Il contatto con la madre terra diventa più presente: il caldo e il freddo del terreno, della sabbia o dell’asfalto, alcuni primi fastidi per i sassolini che si conficcano nella pelle sotto i piedi non avendo ancora la suola di pelle dura, ma anche il piacere del massaggio camminando nelle aree terrene più lisce… Quindi, i kilometri che macinavo in camminate con le ciabatte, negli ultimi giorni a Rishikesh sono diventati free-shoes… A questo proposito è sorto il pensiero che se l’essere umano non avesse creato una tale deviazione di cosa sia il sesso con tutte le malizie, i ricatti, le aspettative di piacere e la vergogne che lo circondano, ci si potrebbe togliere tutto e non solo le scarpe, temperature permettendo, e godere di una mente più sana, senza tanti problemi se non per la crisi a cui il settore dell’abbigliamento andrebbe incontro… Anche i vestiti sono dei filtri. 
-Più ti spogli e meglio ti vedi per quello che sei-
Il fiume Gange (Ganga) fluisce liberamente nel varco che dalla notte dei tempi si è creato. Non ha bisogno di modificare la sua rotta perché Egli è come un essere con una consapevolezza totale del proprio ciclo. A tratti può fluire più velocemente o più lentamente ma non si ferma mai. Non sviluppa attaccamento al percorso che ha appena effettuato altrimenti dovrebbe fermarsi e potrebbe ammalarsi, e così si gode ogni paesaggio, e ogni essere vivente può godersi i sui doni: immergendosi, dissetandosi o vivendo nelle sue acque. Sembra consapevole della sua sorgente tra le vette del mondo e della sua ultima dimora prima di tornare alla sorgente: l’infinito oceano che ritrova ogni istante. Miliardi e miliardi di goccioline d’acqua che collaborano a formare il fluire di un corpo… Ghiaccio, acqua e vapore in una consapevolezza unita che vanno a formare intelligentemente un ciclo.
-QUI ed ORA in un immenso corpo unico si manifesta l’esistenza in un libero fluire dove nulla dovrebbe turbarci-
Sono venuto a Rishikesh ad imparare lo yoga: per necessità psico-fisica e ricerca personale, un po’ perchè Rishikesh l’avevo già conosciuta e mi era piaciuta, un po’ perchè imparare lo yoga a Rishikesh è ormai una moda o una specie di credenziale. Fatto sta che non ho partecipato a corsi lunghi un mese e molto costosi con certificazione al seguito ma ho seguito lezioni private da uno yoga indiano che vive umilmente in una stanza di fronte al fiume Ganga dove l’impetuoso scontro delle acque sulle rocce dissolve qualsiasi altro rumore del circondario, e proprio li tiene le sue lunghe e intense lezioni di yoga… Asana, pranayana, meditazione, mantra e filosofia dello yoga. Al di là dello yoga in se, la lezione che mi ha dato questo uomo è stato nell’ osservarlo e nell’osservare dove e come vive. Con il minimo indispensabile, pulito, ordinato e che crede con percepibile consapevolezza in quello che pratica e che insegna. Rispettoso, disponibile e con la battuta o la "puntura" pronta nel giusto contesto. Ti fa le domande e poi ti osserva dritto negli occhi per scrutare se cedi ad una qualche menzogna. Ma si è parlato molto anche della vita e dei misteri dell’esistenza… Si è creato un bel rapporto e porterò l’esperienza con lui sempre nel cuore… Grazie!!!
I maestri non sono solo a Rishikesh… Può essere nostro figlio, un genitore, l’animale domestico, una pianta, un libro, un governo, ogni elemento ed essere vivente della natura, noi stessi… Tutto quello che ci circonda sono possibili maestri e possono essere ovunque. Possono mostrarci cosa fare o cosa non fare che ne siano consapevoli o meno in quel dato momento… Basterebbe tenere gli “occhi aperti” fino a sviluppare una reale intuizione, che loro sono in noi e noi siamo in loro.


venerdì 13 marzo 2015

Facce da Holi (festival)

Lo scorso 6 marzo, di mattina, decido di viaggiare da Haridwar verso Rishikesh (30 min di viaggio) prendendo il bus alla stazione. Nel tragitto a piedi verso la stazione, non potevo non notare di aver schivato un gavettone lanciato dal secondo piano di una abitazione, da persone il cui viso era dipinto di vari colori: giallo, blu, verde, fucsia... Mi viene in mente che è L'Holi festival! Infatti alcune persone, anche in strada avevano la faccia dipinta... Ma cosa è l'Holi festival? 
L'Holi è un festival che si tiene in primavera dedicato ai colori e all'amore. Si tratta di un'antica festa religiosa induista diventata popolare non solo nel mondo indu, ma anche in molte parti dell'Asia meridionale e anche al di fuori dell'Asia. 

È osservata principalmente in India, Nepal e nelle zone del mondo con significativi gruppi di popolazioni di origini indiane. La festa ha avuto uno sviluppo in America del Nord ed Europa come celebrazione della primavera, dei colori e dello scherzo.

La festa si inaugura con l'accensione, la notte prima del giorno Holi, di un falò che prende il nome di Holika Dahan, dove Holika è il nome di un demone delle scritture Hindu e Veda. La mattina del giorno dopo la festa esplode in un carnevale di colori, giochi, danze e canti. L'Holi è spesso celebrato all'avvicinarsi dell'equinozio di primavera in un giorno di plenilunio. La data del festival, quindi, non è fissa ma varia ogni anno a seconda del calendario induista e del calendario gregoriano.
I significati del festival sono la vittoria del bene sul male, l'arrivo della primavera, l'addio dell'inverno, l'incontro con gli altri, la voglia di giocare, ridere, dimenticare i dolori, perdonare e consolidare le relazioni.



Il mio arrivo a Rishikesh è stato indenne ma poi mentre cercavo un alloggio....


Si lanciano polveri colorate ma in special modo si spalmano delicatamente sul viso a qualcuno. Poi lo si abbraccia e gli si augura:  Happy Holi!!!

Qualche altra foto dell'Holi festival a Rishikesh 

                                     


                                     






Durante l'Holi festival le persone sembrano potere fare davvero di tutto .....
HAPPY HOLI !!




                                                                                           





mercoledì 25 febbraio 2015

Foto: templi di Khajuraho e caverne di Ellora (India)

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Grazie, grazie India e grazie a me ;-)


In questi ultimi 40 giorni di viaggio ho avuto l’opportunità di visitare, dopo Pondicherry nella costa est, anche le bellissime spiagge della costa ovest: Kochi, Gokarna e lo stato di Goa e, attraversando l’India da ovest a est per tornare in Nepal, le caverne di Ellora e i templi di Khajuraho. Ma prima sono andato a curiosare ad Auroville. Auroville (Città dell'Aurora) è una città “sperimentale", che si basa sulla visione di Sri Aurobindo, presso Puducherry nello stato del Tamilnadu in India. È stata fondata da Mirra Alfassa, nota con il nome di “Merè” nel 1968. Auroville è intesa per essere una città universale, dove uomini e donne di ogni nazione, di ogni credo, di ogni tendenza politica possono vivere in pace ed in armonia. Lo scopo di Auroville è quello di realizzare l'unità umana. Attualmente è una cittadina di oltre 2000 abitanti. Vi abitano persone provenienti da oltre 30 Paesi differenti, principalmente indiani e occidentali. Non esiste proprietà privata, tutto è di tutti, la produzione agricola è biologica, Tutti si danno da fare per il bene della comunità. Ci sono scuole riconosciute, ci sono negozi, ospedale e molto altro…Tutto bello a leggere quanto scritto anche se parlando con i vecchi, e osservando gli abitanti restando li quasi una settimana tutta questa perfezione alla quale si auspica non l’ho sentita. Per diventare cittadino di Auroville è necessario, innanzitutto, seguire una procedura di volontariato lunga mesi/anni, vitto e alloggio a spese proprie… Quindi  Auroville è un esperimento non alla portata di tutti, anzi… Il cuore di Auroville è il matrimandir meditation centre, un’ opera architettonica sferica di metallo dorato nel centro della cittadina che canalizza all’interno l’energia solare che dovrebbe amplificare la percezione durante la meditazione. E’ un luogo per meditare ma vi sono prenotazioni e orari ristretti da rispettare. Auroville l’ho visto come un esperimento interessante, un buon intento di Mère, ma l’essere umano è ancora quello che è… Potrebbe essere comunque un inizio di buon auspicio :-) 


matrimandir meditation centre Auroville


Non povero fare a meno, visto che era per strada per andare nella costa ovest, di andare a Puttaparthi dove c’è l’ashram di Sai Baba, un uomo che a 14 anni si è dichiarato l’incarnazione di Dio in terra e che da li ha sviluppato la sua storia; sia con opere materialmente utili alla società (ospedali, scuole) grazie alla ricchezza accumulata nel tempo con le donazioni, sia per le situazioni controverse alla quali è stato additato (abusi sessuali, guarigioni istantanee combinate), ma anche per il messaggio di unione e amore universale verso l'umanità. Non mi ero mai interessato a Sai Baba fino ad allora, quindi nei giorni in qui sono rimasto a Puttaparthi ho cominciato a chiedere tra i negozianti e guardarmi qualche video dell’epoca in cui Sai Baba era ancora vivo e a fare delle ricerche in internet.  Non ne sono rimasto impressionato o abbagliato, non ho percepito Sai Baba come un Dio in Terra ma se è per questo nemmeno studiando le figure di altre persone del recente passato o dell’antichità. Resta il fatto che l’ashram è paragonabile ad una piccola cittadina con tutte le strutture che servono per vivere e l’ambiente dove si svolgono le principali attività ha una buona vibrazione. 
Queste breve descrizioni di Auroville e Sai Baba sono solo la mia visione delle cose, descritte brevemente e non voglio agitare nessuno che crede fedelmente in una o l’altra cosa.


in bus verso Puttaparthi

Fatte queste due interessanti esperienze mi sono spostato via bus notturno verso Gokarna nella costa ovest dell’India. Vi sono i bus notturni in India con i letti per dormire (sleeper) , sono più pratici da prenotare rispetto al treno ma le strade in india sono messe male: buche dossi etc… Quindi mi risveglio al mattino, all’arrivo, nel bus, più stanco della partenza! Poco male, la spiaggia a Kudle beach in Gokarna è una meraviglia, mi sembra il paradiso che immaginavo da ragazzino. Ci si arriva solo a piedi prendendo un sentiero in mezzo la vegetazione, quindi i gas dei mezzi di trasporto sono distanti dalla spiaggia. E’mattina presto e ci sono poche persone, perlopiù occidentali, ognuno intento ad una attività come yoga, correre, camminare, frisbee, o il bagno nel mare. Mentre cammino nella sabbia lungo il mare con lo zaino in spalla vedo per terra migliaia di piccoli esseri che sembrano dei granchi in miniatura e sentendo la vibrazione del mio calpestare si rifugiano nella loro tana che altro non è che un piccolo foro nella sabbia umida. Che visione simpatica! Sto attento a non pestarne qualcuno ma non c’è pericolo, sono molto svelti! Rialzando la testa posso vedere in tutta la estensione della baia di Kudle beach e udire il rumore delle onde del mare; una carezza all’udito che continuerò a sentire anche la notte visto che la guest house dove alloggio è a trenta metri dal mare. Se non fosse per i venditori di collane che disturbano frequentemente sarebbe il regno della pace. La sera c’è un tramonto molto suggestivo perchè il sole scompare all’orizzonte sembrando che si spenga nel mare; e nel mentre di tutto questo siamo tutti li ad ammirare come se fosse la scena principale di un film che ha vinto l’oscar. Si dia inizio alle danze, il tramonto è andato, ma la bellezza della vita continua grazie alla musica di cui l’essere umano, almeno in questo, merita lode. Come ad un concerto improvvisato, persone con il proprio strumento si accordano l’uno con l’altro: bongo, chitarra, flauto e altri strumenti tribali o particolari di cui non conosco il nome. Si crea un cerchio e c’è chi inizia a ballare. Non manca chi si fuma il joint, l’odore è inconfondibile. Anche un piccolo gruppo di vitelli adagiati a terra pochi metri più in la sembrano muovere la testa a ritmo del suono. L’atmosfera che si crea mi da uno stato di gioia particolare che mi porta indietro nel tempo di almeno 25 anni quando questa libertà c’era anche nelle spiagge del litorale Adriatico. Finito questo indimenticabile break si va a cena nei ristorantini lungo la spiaggia. C’è anche la pizza che tentano di imitare in tutto il mondo ma la migliore è sempre in Italia! Ecco le giornate a Gokarna, non male eh! 


Gokarna Kudle beach



Ma sono convinto che la bellezza è in tutto il mondo, sia per i paesaggi e sia negli occhi delle persone, ed per questo che sto viaggiando senza lunghe soste, infatti dopo qualche giorno mi sono diretto verso lo stato di Goa e precisamente ad Anjuna, nel nord. Qui le cose sono un po’ differenti. Infatti il turismo a nord Goa dove alloggiavo è molto intenso ma basta spostarsi di qualche km per trovare anche qui delle spiagge davvero suggestive dove l’opera dell’uomo è ancora minima, infatti molte immagini del video che ho montato “indian beaches and sunrises”  sono state catturate nelle spiagge di  Goa. Prima di giungere a Goa l’idea che avevo, solo per sentito dire, era quella di un posto dove sballarsi con droghe di ogni genere. Credo che nella zona dove alloggiavo sia così, C’erano dei tratti di strada dietro alla spiaggia di Anjuna dove i pusher mi chiedevano incessantemente se volevo questo o quello. Anche il cameriere ad un ristorante si era fatto avanti per vendere. Perfino quando guidavo lo scooter accennavano a corrermi dietro per vendermi qualcosa. Forse ho la faccia da “fulminato” e pensavano che i miei capelli e barba bianchi sono ossigenati, ma più probabilmente c’è talmente tanta domanda che indistintamente tentano di vendere. 
Non so se ci siano i famosi rave-party giorno e notte ma sembra che la cosa stia gradualmente diminuendo, le giornate le passavo in spiagge non affollate, in scooter e in compagnia di persone che ho conosciuto ad Anjuna.  A proposito di scooter, in Nepal e in India la guida è a sinistra e mi sono così abituato che l’idea di guidare a destra mi crea un po’ confusione. Ipnosi della mente…;-)
Insomma, nord Goa è tutto tranne l’India che avevo visto prima e che vedrò dopo. 


Ashvem beach Goa


Da Goa mi restavano due settimane per tornare in Nepal prima che il visto indiano scadesse, quindi dovevo attraversare tutta l’India da ovest a est e nel mezzo visitare tutto quanto di più interessante potevo metterci: caverne di Ellora e templi di Khajuraho di cui ho pubblicato foto. Ma la cosa più interessante è stata che in molte zone che ho attraversato da ovest a est c’è un India diversa da quella vista precedentemente, assolutamente non turistica tanto che a tratti mi sembrava di essere tornato in Iran per la curiosità che attiravo: domande, strette di mano, qualche foto… 
Un giorno stavo andando ad una delle stazioni dei bus della città di Bhopal nello stato del Madya Pradesh. Erano le quattro del pomeriggio e avrei dovuto attendere il bus “sleeper” delle undici di sera verso i templi di Khajuraho. Arrivo alla stazione e mentre attraverso la “sala aspetto” con gli zaini in spalla davanti e dietro, uno dei cani di media taglia che vivono li dentro comincia ad abbaiarmi immobile con foga inaudita. Mi fermo e lo osservo guardandolo dritto negli occhi e non penso a nulla. La cosa va avanti per circa 30 secondi finchè qualcuno fischia e il cane distraendosi cessa momentaneamente di abbaiare e io passo. Mi siedo sulla panchina fuori dalla sala di aspetto fianco all’agenzia che mi ha venduto il biglietto. L’agenzia non è altro che con una sedia e una scrivania e il tizio che vende i biglietti del bus. Mi prendo un chai bollente (tè e latte). Mentre comincio ad osservare quanto avviene in quella stazione i sensi si amplificano più del solito e vengo rapito con molto interesse. Noto immediatamente l’odore dello scarico della fogna a ciel sereno che contorna tutta la sala d’aspetto della stazione e la panchina su cui sono seduto è soli 30 centimetri di distanza. Poco male. Mi abituo subito all’odore e osservo i venditori di cibo indiano che sono li attorno. Non esistono norme igieniche nella maggior parte dei luoghi di ristoro dell’India e il venditore che avevo davanti non faceva eccezione: maglietta azzurra con evidenti scie di sporco color nero che sembravano gli scarabocchi di un bimbo alle prime esperienze con una matita e un foglio bianco. La mani sembravano quelle di un meccanico che senza guanti ha pulito la catena di una motocicletta ma molto diligentemente e con evidente esperienza preparava un impasto artigianale a mani nude. Mi guarda e mi sorride come a volermi dire che se poi assaggio ne sarò soddisfatto. Nel frattempo ho la conferma che in queste zone poco battute dai turisti non vengono a chiederti l’elemosina. Forse la mia faccia bianca da nordico viene associata ad un uomo che non ha banconote indiane. Infatti tutti i bambini che mi passano davanti evitano e chiedono l’elemosina agli indiani. In particolare noto una banda di bambini indiani, probabilmente orfani, tra i 6 e i 10 anni che entrano ed escono dalla sala aspetto della stazione. Il più piccolo (di statura) è tremendo e detta ordini anche ai più grandi, anche alzando le mani, e tutti eseguono. Poco dopo un anziano signore si siede vicino a me e tenta di parlarmi in inglese grossolano. Mi sforzo di comprenderlo e comincia parlarmi dei suoi prossimi viaggi per affari a Singapore e in Europa anche se il suo lavoro è quello di vendere biglietti nella stazione. Mi sorge un punto di domanda ma non indago e mi limito ad ascoltare. Ma è ora di sgranchire le gambe! Comincio a gironzolare attorno la stazione. Non possono mancare le "sacre" vacche indiane che accasciate in gruppo di tre con un vitellino al seguito fungono da monumento nel mezzo del piazzale della stazione. Via vai di bus, quasi tutti semi-diroccati fanno avanti e indietro rendendo l’aria irrespirabile. All’arrivo di ognuno, l’assistente del guidatore scende in velocità e comincia a gridare a tutto fiato il nome della città verso la quale il bus è diretto. Scendono le persone e si scaricano i materiali sopra il tetto del bus: cibo, mobili, bevande, qualsiasi cosa. Entro nella sala aspetto dove precedentemente il cane mi aveva dato il benvenuto con un sonoro latrato. Voglio vedere se gli è passata o se ancora demarca il territorio. Questa volta non mi nota, immagino che fossero gli zaini ad averlo disturbato precedentemente. Mi fermo lungo ad un muro, sempre all’interno della sala, e comincio ad osservare che si sta riempiendo di persone che si coricano per terra per dormire attendendo la notte; il sole sta calando infatti. Sono persone che vivono nella stazione, non è la prima volta che le vedo in India. Non hanno casa, non hanno lavoro e si arrangiano come possono. Proseguo il mio giretto e noto che anche qualche venditore della stazione all’interno della sala e munito di coperta e cuscino. Comincio ad essere in difficoltà nel comprendere cosa sia esattamente quella stazione. Uscendo dalla sala mi dirigo verso le vacche per osservarle più da vicino ma vengo distratto dalle grida di un bimbo che minaccia con una pietra in mano uno straccione che sembra semi-ubriaco. Mi chiedo se avrà il coraggio di tirargli la pietra e come se mi leggesse nel pensiero gli lancia la pietra in mezzi li, proprio li… E’ lo stesso bimbo che precedentemente maltrattava i colleghi della banda. La cosa va avanti per 15 minuti, minacce e lancio della pietra. Torno a sedermi nella panchina e un ragazzo sulla ventina viene a conoscermi, facciamo due parole e poi tutto entusiasto se ne va via. Dopo alcuni minuti torna e mi dice che lui e i suoi amici vogliono offrirmi un chai e che non posso rifiutare perchè sono ospite. Non ho alternative, accetto volentieri e seguo il ragazzo. Mi presenta tutta la sua compagnia e comincia il solito e simpatico interrogatorio. Nel frattempo si aggiungono anche altre persone e quasi ogni volta che in India ho detto di essere Italiano tutte le persone presenti replicano con il sorriso: “Ah! Sonia Gandhi !!!”  Poi, se chiedo loro se gli piace Sonia Gandhi nel governo indiano, mi rispondono di no… Tra l’altro Sonia Gandhi è nata a 30 km da dove vivevo in Italia e se aggiungo anche questo non è più finita… Non possono mancare le foto, e visto che le vacche "sacre" sono li vicino, ci accasciamo anche noi, fianco a loro, e facciamo una gran bella foto di gruppo! Arriva il bus che mi porterà a destinazione. Finalmente un letto e tante buche e dossi lungo il tragitto di 10 ore… 






In questi due mesi In India sono successe tante cose con gli Indiani. Ricordo con simpatia  particolare un signore anziano che a mia insaputa era nel bus con me, e sapendo da altri che al mio arrivo nella città, la sera tardi, non avevo di che dormire, mi ha aiutato a cercare per dormire una volta arrivati. Mi ha offerto una cena improvvisata con del cibo che aveva con se e l’alloggio in un economico hotel.  Abbiamo dormito nella stessa stanza senza alcun imbarazzo sebbene non ci conoscessimo affatto.  Un uomo che come me preferisce parlare poco, ma spesso, in certe condizioni, il silenzio instaura un dialogo migliore. Grazie… Grazie India e grazie a me ;-)

Ps: ora sono a Kathamndu (Nepal) in attesa del nuovo visto per l'India e visitare alcuni luoghi del nord





venerdì 20 febbraio 2015

Indian beaches and sunsets (video)

L'ultimo video montato a Pune (India) circa due settimane fa. Ora dopo aver visitato la costa sud-est, sud-ovest e l'area centrale dell'India, mi trovo a Kathmandu, in Nepal, per richiedere un nuovo visto per l'India e andare in alcuni posti del nord.
Enjoy your live with awareness and equanimity :-D





venerdì 9 gennaio 2015

Da Varanasi a Pondicherry l'India non smette di sorprendere

Chi è stato in India si sarà accorto quanto la vita degli indiani sia composta da contraddizioni. Ovviamente si parla di contraddizioni per una mente occidentale, di fatto invece, per gli indiani è tutto normale. Ricordo la mia prima esperienza in questo paese circa tre anni fa e quanto rimasi a bocca aperta per almeno i primi 5 giorni. Non che le cose siano cambiate di molto in questa seconda occasione di visita in India. Arrivando dal Nepal via terra la mia prima tappa è stata a Gorakpur una città vicino il confine Nepalese/Indiano, in assoluto la città più sporca che io abbia mai visto; tanto che alla vista della prima stanza sotto i 5 dollari per dormire la notte ho pensato che sarebbe stato uguale dormire in mezzo all’immondizia per strada. Mucche considerate sacre che vivono liberamente e che sostano anche in mezzo le trafficate strade a cui si presta attenzione più che ad un uomo mozzato alle gambe e che chiede l’elemosina spostandosi seduto su di una carrello alto 15 centimetri trainato con le proprie braccia. Le strade iper-trafficate dove non ci sono regole su chi ha la precedenza ma l’importante é suonare a ripetizione il proprio clacson per farsi strada. Alla percezione di tutto questo ho capito che ero il benvenuto in India e che dovevo fare un bel reset per ambientarmi il prima possibile! Anche perché l’indomani sarei andato a Varanasi, una città che considero incredibile, specie per deprogrammarsi ulteriormente. Varanasi (Banares)… se uso l’immaginazione mi catapulto indietro di secoli e non vedo differenze da come si viveva allora e come si vive oggi, almeno lungo il fiume Gange o meglio conosciuto come Ganga. Fare una camminata lungo i ghat, che sono le scalinate che si affacciano al fiume Ganga, è una esperienza indimenticabile, soprattutto la mattina poco dopo l’alba quando la vita comincia a pulsare. Con un sottofondo di campane e campanellini, il sole appena sorto che riflette nel fiume proprio davanti i ghat, le migliaia di persone celebrano la vita con i loro usi e costumi… Nessun problema ad immergersi e bere quell’acqua della madre Ganga, considerata santa, dove decine e decine di città, prima di Varanasi, scaricano i propri liquami. Ci si lava accuratamente con il sapone, si medita, si prega e si fa la puja che è l’offerta alla divinità, in questo caso Ganga. Ho visto bere quell’acqua persone che sembravano avere 100 anni, persone che sempre l’hanno bevuta come fosse un elisir di lunga vita… Si lavano i panni sbattendoli nella piattaforma di legno lungo il fiume e poi si stendono ad asciugare lungo le scalinate. Da ogni parte dell’India arrivano, incessantemente, famiglie a portare il proprio caro defunto per essere cremato a Manikarnika ghat. Si dice che Manikarnika ghat esistesse prima di Varanasi. La credenza è che chi viene cremato a Varanasi ferma la ruota delle rinascite (Samsara) e raggiungere la liberazione (Moksha). E poi incantatori di serpenti, Shadu e venditori di ogni genere che ti farebbero pagare anche un semplice saluto perchè è fatto a Varanasi, la città più sacra dell’India e una delle più antiche del mondo. Nei giorni passati a Varanasi mi sono chiesto dov’è il confine tra il misticismo, illusione e realtà … Non c’è confine, fa parte del regno dell’essere umano, che ne sia consapevole o meno “cammina” in questi livelli  cercando la propria parte divina spinto da quella scintilla che lo inebria di forza vitale…
Lascio Varanasi dopo una settimana per dirigermi verso Calcutta, nel sud est indiano. Il nome della città è stato ufficialmente cambiato in Kolkata
nel Gennaio 2001. Kolkata è una città multiculturale e cosmopolita ed è il più grande polo industriale dell'India. È considerata una città sicura né più né meno di una qualsiasi grande capitale europea. Qui, oltre a cittadini provenienti dagli altri Stati dell’India vivono molti europei. Arrivo alla vigilia del Natale e non potevo aspettarmi tutti gli addobbi natalizi in stile occidentale a Park street che ho notato al primo colpo d'occhio,  la grande festa che si è svolta il giorno di Natale per le strade di quella zona; migliaia di persone. Vivono molti cattolici a Kolkata ma c’erano anche molti indù con addosso gadget natalizi, un’altra contraddizione che va ad aggiungersi a tutte quelle già appurate lungo questo viaggio, e negli ultimi anni vissuti in Italia. Si mangia, si beve, si fa festa ma c’è anche chi a bordo strada chiede l’elemosina, ognuno con il suo fare: alcuni non hanno proprio nulla e attendono con pazienza, altri iniziano a fingere di tremare e zoppicare, o si fingono ciechi. Ma c'è anche chi usa il figlio morto, non per finta, tenuto in braccio; una scena che "sballa" i tuoi confini e ti pone delle nuove domande... Bambini addestrati dai genitori o badanti che all’improvviso, nella folla, si aggrappano alle tasche e se hai qualcosa te la portano via. A Kolkata, all’inizio, in quei giorni, mi sono trovato in difficoltà riguardo l’aspetto dell’elemosina. Farla non farla. Con quale criterio fare l’elemosina, come fai a distinguere chi ne ha veramente bisogno con così tanti che te la chiedono tutto il giorno. Per me, non avendo reali sensi di colpa e non potendo cambiare comunque quella situazione, è stata non farla. Non l’ho fatta spontaneamente ma i bimbi addestrati sono riusciti a “farmela fare” lo stesso… e va bene così. 
Le città trafficate come Kolkata non mi piacciono molto, per quanta storia e arte  possano avere, dopo un paio di giorni sento il bisogno di spazio, di verde, di mare e di montagna. Quindi mi sono spostato a Puri beach desideroso di spiaggia e mare e mi sono beccato 3 giorni su 4 di pioggia, poco male; l’oceano Indiano con le sue onde a riva è uno spettacolo da guardarsi anche sotto la pioggia e seduti su una sedia, inoltre l’aria era molto più sana che a Kolkata! Le camminate lungo il mare erano interrotte ogni 50 metri per una foto e le consuete domande dei moltissimi turisti indiani che affollano Puri in questo periodo. Quanta gente felice a Puri, eh si, le vacanze fanno bene ma la maggior parte degli indiani, donne comprese, sembrano felici anche durante il lavoro… I bambini in India, e ce ne sono tantissimi, raramente li ho sentiti piangere e lamentarsi…Ora, dopo un paio di giorni a Chennai, sono a Pondicherry, lungo la costa nel nel sud dell’India. Una città diversa dalle altre indiane, più ordinata e meno affollata. Qui c’è il famoso Sri Aurobindo Ashram a cui ho fatto visita ma domani mi sposterò ancora… 
Sri Aurobindo famoso Yogi, poeta e filosofo indiano scomparso nel 1950: 
Il mondo intero aspira alla libertà, eppure ogni creatura è innamorata delle proprie catene.Questo è il primo paradosso e l'inestricabile nodo della nostra natura.
L'amore della solitudine è segno di una disposizione per la conoscenza; ma si giunge alla conoscenza solo quando si percepisce la solitudine sempre e ovunque, nella folla, nella battaglia e sulla piazza del mercato.
Go on :-D ...

Varanasi

Puri beach