venerdì 18 marzo 2016

Nel regno di Angkor (Cambogia)

Tra miti e realtà il video parla del regno di Angkor e il tempio più grande del mondo, Angkor Wat. Dalla descrizione basilare del tempio fino all'entrata nella casa degli dei. E per finire la visione di alcuni basso-rilievi che raccontano epocali eventi.


martedì 8 marzo 2016

Vietnam, beaches and caffee (video)


Ancora in motocicletta, dal nord del Vietnam mi sposto verso sud, nelle spiagge. Da Nha Trang, centro balneare più conosciuto in Vietnam fino alle dune di sabbia di Mui nè. E poi... il caffè vietnamita con la sua singolare procedura


martedì 1 marzo 2016

Vietnam. Un viaggio in motocicletta divertente quanto introspettivo

Di questo mio viaggio in Asia una cosa che non volevo perdermi era il Vietnam, ed il passaggio in Laos, per quanto mi abbia sorpreso in bellezze naturali, era servito solo ad arrivare qui, in Vietnam; per comprendere di persona gli effetti delle guerre che ha afflitto questo popolo nel secolo scorso, per vedere i volti delle persone anziane e dei bambini. 
Tutto questo è passato in secondo piano ma non escluso. Infatti, l’ingresso in Vietnam con una truppa di nuovi amici incontrati in Laos ha creato le condizioni perchè mi decidessi di comperare una motocicletta e girare tutto il Vietnam con quel mezzo. Qui in Vietnam è abbastanza usuale tra gli occidentali comperare una moto a basso costo, girare il paese, e poi rivendere la moto. Ci sono dei rischi comunque: se fai un incidente con una persona locale la colpa sarà in ogni caso tua e non ci sono assicurazioni obbligatorie che garantiscano. La compravendita avviene praticamente con una stretta di mano: si paga e si riceve la “blue card" che attesta la proprietà della moto, ma solo perchè hai la card nel portafoglio e non perchè c’è scritto il tuo nome… Infatti non si firma nessun contratto di proprietà nella compravendita delle moto. Bisogna stare molto attenti a non fare incidenti!

Compero la motocicletta ad Hanoi assieme ad un ragazzo francese, Theo, che mi accompagnerà per alcuni giorni a nord in questo viaggio. Uscire da Hanoi in motocicletta, senza esperienze precedenti con quel genere di moto a 4 marce e quel traffico intenso e senza regole, potrebbe mettere un po’ di tensione, ma ce la facciamo ad uscire indenni, anche se con qualche lieve difficoltà…
Il tempo umido e le temperature rigide ci hanno accompagnato per tutto il periodo che io e Theo siamo rimasti assieme… 



Direzione Bac Son valley. Un luogo di cui ho sentito parlare come essere meraviglioso e silenzioso.
Tutto bene per strada, viaggiare in moto mi piace un sacco. La visuale rispetto a viaggiare con gli altri mezzi pubblici è diversa e soprattutto posso decidere di fermarmi quando voglio per mangiare, scattare una foto, sgranchirmi le gambe! Ma anche la moto prende delle decisioni, a mia insaputa! A 7 chilometri dall’arrivo nella Bac Son valley si spegne il motore in corsa. E adesso? Spingo finchè non trovo un meccanico. Il fato ha voluto che in quell’area quasi disabitata trovassi un meccanico a cento metri di distanza. Ottimo! Qualcosa mi assiste e mi avverte di come potrebbe essere il viaggio ma accetto qualunque cosa sia. 
Mentre attendo la riparazione ho il piacere di fare conoscenza con dei bimbi vietnamiti, figli e amici dei figli del meccanico. Non sono affatto timidi, sono curiosi e socievoli. Giocano con quello che hanno attorno: pezzi di legno, pezzi di plastica circolari. O tra di loro stessi, con le mani. E quando gli tolgo dalle mani il mio telefono o la mini videocamera che gli ho prestato per giocare per un po’ non fanno una piega. Nessun piagnisteo.



Per vedere l’intera Bac Son valley bisogna scalare un ripido monte dove c’è una grande antenna per le telecomunicazioni. Una volta arrivati, un cane “isterico” abbaia per avvisare il suo padrone che ci sono ospiti sulla cima. Infatti c’è una abitazione nella cima e un tizio che funge da guardiano. Mi faccio prestare una scala. O meglio la affitto, visto che il guardiano ha voluto una mancia per consegnarmela, per andare nel punto più alto di quella cima e vedere l’intera vallata. Che spettacolo!
Un po’ mi ero già suggestionato prima di arrivarci visto il desiderio di vederla di persona. Ma anche ora, a mente fredda, ripensando alla forma piramidale dei monti, alla singolare geometria di come erano posizionati, i colori della terra, dei campi, la disposizione delle poche abitazioni e il fiume che la attraversa, il vento… Penso: "che meraviglia". Tratto dal diario di viaggio: “C’è un vento gelido che taglia la pelle, qui sopra, ma guardo la valle ambo i lati e vedo una meraviglia. Mi sembra di essere dentro un tempio fatto dalla natura con la sua pratica nel tempo; dove il movimento dei rami degli alberi e lo strusciare delle foglie, dettati dal vento, da voce a questa entità pura e cristallina. Si mette in mostra, e dispensa semplice saggezza a chi vuole vedere e ascoltare. Poi il silenzio… l’unione, e per un po’ nessuna chiacchiera della fallace mente. Ecco, non c’è nulla di più vero che poteva succedermi ora. E mi sento fortunato di essere qui, di esserci riuscito.”



I giorni successivi alla scoperta della Bac Son valley sono quelli del capodanno vietnamita, il Tết Nguyên Ðán, o più semplicemente Tết. E' un termine sino-vietnamita, cioè’ una parola vietnamita di origine cinese, che significa letteralmente l’inizio di un periodo meteorologico o di una stagione. Non do molta importanza al fatto, comunque, e mi dirigo a nord, verso il Ba Bè National Park e alloggio in una home stay locale, ovvero in una famiglia, per una cifra irrisoria. L’indomani del mio arrivo è proprio il primo giorno dell’anno e, inaspettatamente, vengo invitato assieme a Theo dalla famiglia che ci ospita, per la colazione, a base di cereali, vegetali e carne. Ma più che una colazione sembrava una gran pranzo. Solitamente sono vegetariano da qualche anno, ma durante questo viaggio ho accettato quanto arrivava, senza sensi di colpa, carne compresa. Specie in quelle zone della terra in cui sono passato, dove trovare proteine vegetali è impossibile o non è affatto pratico come ad esempio a 4000/5000 metri nel Tibet dove la fonte di nutrimento principale nei piccoli villaggi è lo Yak con la sua carne e il suo latte…
Si comincia da subito con un brindisi. Un bicchierino di un estratto alcolico dal riso. Il padre famiglia è felice e versa, mentre io devo ancora capire cosa succede. Mi sono appena svegliato e mi bastava un caffè-latte vietnamita per poi andare a camminare nei boschi… Bere alcol di prima mattina mi rovescia lo stomaco ma ok, oggi è festa, che vuoi che sia un bicchierino. Uno, due, tre… Olè! Per fortuna non mi causa chissà quali problemi allo stomaco! Fino a tardi pomeriggio la festa continua anche a casa di amici della famiglia che mi ospita, tutti insieme; bimbi, madri, padri, nonni e parenti… In mezzo l’immancabile Karaoke a cui partecipo, e che qui, nel sud-est asiatico, va tanto di moda!



Non posso fermarmi troppo tempo nel Ba Bè National park, mi rimangono solo 20 giorni di durata del visto e devo percorre almeno 2000 chilometri in moto prima di arrivare a Saigon, nel sud del Vietnam, per rivendere la moto e uscire dal paese.
Questa decisione segna anche la fine del mio viaggio assieme a Theo il quale, avendo esteso il visto di un mese per altri dieci giorni, può prosegue verso Sapa a nord ovest e poi scendere verso sud con tranquillità.
Io invece decido di proseguire verso Ha Long bay facendo uno stop di una notte a Lang Son che è una città a nord-est del Vietnam vicino il confine cinese. 
Per i miei spostamenti non uso una mappa cartacea ma uso le mappe digitali del telefono che funzionano sempre grazie alla tariffa internet illimitato e che qui in Vietnam funziona ovunque. Questa volta però la mappa digitale di google mi porta a campi. Strade non asfaltate e sentieri, passando in mezzo a piccoli villaggi, dove sembra che gli abitanti non abbiano mai visto un occidentale in motocicletta e con la telecamera appesa in cima al casco. Infatti un signore, uscendo dalla porta di una casetta di legno e vedendomi all’improvviso passare in moto è fuggito dentro casa! Ma ci sono anche i ragazzini in strada che vorrebbero che mi fermassi, tanta è la curiosità.
Ad un certo punto, mentre sono in mezzo le montagne, la mappa mi segna una svolta a destra. Osservo ma vedo solo la parete di una montagna. Cazzo! E adesso? Devo trovare un’altra strada, il che comporta di tornare indietro per almeno 50 chilometri su strade di campi… Bello il panorama si, ma che palle. Inoltre questo genere di strade ha creato altri problemi alla moto. Marce che si bloccano bulloni che si allentano… Comunque non ho alternative e torno indietro. E per arrivare ad Ha Long bay cambio stop notturno; anziché Lang Son torno ad Hanoi, la città dove ho comperato la moto. 
Il giorno successivo arrivo nel pomeriggio ad Ha Long bay (la baia di Ha Long) uno dei luoghi considerati, all’unanimità, più belli sulla faccia della Terra. Ha Long Bay è un'insenatura situata nel golfo del Tonchino e comprende circa 2000 isolette calcaree con numerose grotte carsiche. In lingua vietnamita il termine "Hạ Long" significa "dove il drago scende in mare”. Questo significato nasce da una leggenda in cui si narra che molti anni fa i vietnamiti stavano combattendo gli invasori cinesi; gli dei mandarono una famiglia di dragoni per aiutarli. Questi dragoni iniziarono a sputare gioielli che si trasformarono nelle isole ed isolotti che punteggiano la baia, unendoli poi per formare una muraglia contro gli invasori. Le persone salvarono la propria terra e la trasformarono in quello che poi sarebbe diventato il Vietnam. Il luogo in cui atterrò il dragone madre venne chiamato Hạ Long. Dal 1994 è un patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Girare la costa della baia in moto è una esperienza entusiasmante. Si può ammirare l’intera baia dalla cima di alcune montagne o dalla costa. Ma l’esperienza che davvero affascina è girare la baia in nave e attraccare su qualche isola dove ci sono anche le grotte. 
Dal diario di viaggio: “Mi dirigo nella prima caverna remando, non so cosa aspettarmi dopo l’entrata da quell’arco che vedo da distante e che sembra scavato nella roccia. Intraprendo un breve tunnel e poi si apre la meraviglia. Una immensa piscina recintata da pareti rocciose alte almeno una cinquantina di metri. L’acqua è bassa, piatta e trasparente. C’è solo un’altra barchetta assieme alla mia; vi sono tre bimbe sopra e si sente l’eco di quando parlano. Un po’ mi spiace non avere la video camera con me ma non ci penso troppo e mi rilasso, poso il remo e lascio andare il kayak dove vuole per qualche minuto… Ancora mi immagino qui, quando non esistevano navi a motore ed il turismo… Mi immagino qui con le persone care e che amo ad ascoltare queste alte pareti  quando rimbalza l’eco, a fare il bagno nudi senza vergogna o a fare l’amore come viene."
Sempre dal diario di viaggio:
"Il ritorno al porto è un viaggio che non si dimentica. E’ il tramonto, e la luce del sole fa i suoi giochi tra le pareti degli isolotti e i riflessi nell’acqua… Mi incanta. Sono sempre nel piano dove c’è la cabina del capitano, è il posto migliore della nave per vedere il panorama. Noto che c’è anche una ragazza altissima con capelli corti e occhiali da vista che guarda il tramonto e si siede ad un paio di metri da me, sul pavimento. Ci guardiamo in faccia e ci diciamo che quanto stiamo vedendo ora è fantastico. Poco dopo, ad un certo punto, mentre la nave passa davanti ad una serie di piccole isole, la ragazza si toglie gli occhiali, fa un bel sorriso e si fa un autoscatto con il telefono. Poi, sempre con quel sorriso continua a guardare il tramonto e le isole che ha difronte. Quanto ho appena visto mi lascia per un attimo sedotto, racchiude in un breve momento la gioia di vivere, e lei ora è stata l’interprete perfetto. Mi ha donato un senso di bellezza straordinario e di amore nei confronti di questo tramonto, delle isole di Ha Long bay e di questa ragazza che mi sembra di conoscere da sempre, e che probabilmente non rivedrò mai più… Grazie.”



Dopo l’esperienza ad Ha Long bay il viaggio diventa una corsa lungo la costa per arrivare nelle spiagge a sud e come meta finale Saigon, ora chiamata Ho Chi Minh come il presidente del Vietnam dal 1954 al 1969.
Il tempo è piovoso in questi giorni, e spesso l’acqua me la prendo tutta! In questi giorni di viaggio lungo il Vietnam centrale mi sposto in motocicletta ogni giorno, e ogni giorno ho bisogno di assistenza dal meccanico: bulloni che si allentano, saldature del portapacchi che si crepano e perdita di olio dal motore. Comunque, ad eccezione dell’arrivo nella Bac Son valley la moto non mi ha lasciato più a piedi. 
C’è solo un luogo che voglio visitare e che necessita di uno stop di almeno un giorno intero prima di arrivare a sud ed è la caverna Son Dong. È situata nel parco nazionale di Phong Nha-Ke Bang. Scoperta da un uomo del posto nel 1991, è stata studiata da un gruppo di esploratori britannici. È la più grande caverna del mondo. E’ situata vicino al confine con il Laos. La caverna, che fa parte di una rete di 150 grotte, è lunga circa 9 chilometri. Alcuni passaggi raggiungono dimensioni eccezionali: 250 metri di altezza e oltre 200 di larghezza. 
Purtroppo, facendo delle ricerche con una ragazza colombiana conosciuta in ostello a Dong Hoi, una città nei pressi del parco nazionale Phong Nha, scopro che per entrare nella caverna serve prenotarsi almeno una settimana in anticipo, tramite una specifica agenzia, e pagare una cifra che varia dai 3000 ai 4000 dollari per un tour di alcuni giorni al suo interno… Una cifra che non posso assolutamente permettermi e che, in ogni caso, mi sembra eccessiva; considerando che la Terra non è di certo proprietà della razza umana, se non nella sola immaginazione…



Da Dong Hoi la tappa successiva è stata Huè, la vecchia capitale dal 1802 al 1945, sotto la pioggia e mi sono inzuppato pantaloni e scarpe che ho asciugato con il ventilotare. 
Poi verso Nha Trang che è considerata la città principale per quanto riguarda le spiagge in Vietnam. E' una città tenuta bene, pulita e ordinata ma anche caotica. Ho dormito in un hotel dove in una stanza tengono delle capsule, così si chiamano, che altro non sono dei contenitori lunghi due metri larghi uno con aria condizionata all’interno, televisore e prese di tutti i generi per i vari degli apparecchi elettrici. Credo che le fabbrichino ad Hong Kong.
A Nha Trang rimango due notti e la mattina del giorno dello spostamento in moto verso una nuova città decido di svegliarmi presto per vedere l’alba sul mare visto che è proprio a est dove sorge il sole. La sorpresa non è stata l’alba ma la vita che già c’era in città alle sei del mattino nel lungo mare. Moltissime persone locali facevano esercizi, sia donne che uomini di tutte le età. Oppure si giocava al badminton, uno sport con la racchetta che in Italia è più conosciuto come il volano. Beh, che bella sorpresa vedere pulsare di vita vera una città a quell’ora!



Da Nha Trang verso Mui Né.
Mui Nè è famosa per le sue dune di sabbia rossa e bianca e per me sarà famosa anche per l’affollamento di russi che c’era. Le dune bianche sono larghe abbastanza da perdere lo sguardo all’orizzonte e pensare di essere in un deserto grande tanto quello del Mali in Africa. Ma il business dell’uomo non trova confini e qui si sfrutta la situazione per affittare i Quod (fuoristrada ma molto più piccoli) ai turisti. Il tutto crea un inquinamento acustico e soprattutto la tossicità rilasciata dagli scarichi dei Quod nell’aria che mi toglievano il fiato! 



Nella spiaggia, invece, decine e decine di persone si dilettano nello kitesurf  visto il forte vento che si alza nel pomeriggio. Non avevo mai osservato questo sport prima di allora. Ma vedere quelle persone che volavano in aria, con la tavola appiccicata nei piedi, dava l’adrenalina anche a me e la tentazione di provare, visto che in spiaggia ci sono gli istruttori che ti insegnano, era forte. Ma non era il momento.



Nel frattempo la moto sta cadendo a pezzi ed ho dovuto legare il parafango dietro dove è appeso il fanale e la targa con delle corde. Non da meno è il portapacchi dove metto lo zaino, anche’esso legato con le corde visto che alcune saldature sono cedute. La moto vibra troppo e ogni giorno qualcosa cede. Se non è un pezzo che si rompe è un bullone che si allenta… Ma Saigon è vicina…
Saigon racchiude in se lo scopo iniziale del mio viaggio in Vietnam, quando decisi di venirci mentre ero ancora in Thailandia, a studiare massaggio, in dicembre. Vedere con i miei occhi ciò che è rimasto della guerra americana in Vietnam del 1960-1975 e vedere i musei che parlano di quel conflitto. I tunnel sotterranei costruiti par scappare e nascondersi, il comportamento dei vietnamiti con le persone con tratti somatici occidentali come i miei. Quella guerra è finita da 40 anni ma sono quel genere di avvenimenti che un popolo non dimentica tanto in fretta.
L’accoglienza che ho avuto al mio arrivo in Vietnam da parte delle persone, gentili e disponibili, ha immediatamente creato una sintonia particolare. Forse perchè sono entrato in punta di piedi come segno di rispetto, come mai avevo fatto prima in questo viaggio in Asia. O semplicemente perchè dovevo sentirmi subito a mio agio per comperare la moto e ammirare da una sella i meravigliosi panorami che questo paese ha da offrire. I bambini e i ragazzini sono stati senza dubbio i più curiosi nel volere conoscermi, come un po’ tutti i bambini del mondo. Ma nei bimbi vietnamiti ho visto una luce, una semplicità  e una curiosità di sapere e scoprire che mi fatto un sacco piacere. Quanti saluti passando in modo o a piedi, un po' da tutti. E non ho mai ricevuto resistenze per avere una informazione o per sistemare la moto perché mi serviva una chiave inglese specifica, per fissare il bullone allentato di turno quando il meccanico non era a portata di mano.
Mi è stato negato solo una volta il cibo in luogo non turistico, in una locanda tipica, da una signora.  E non ho capito se era perchè non voleva avere difficoltà con la comprensione delle lingue o se a priori era diffidente delle persone con la pelle e gli occhi chiari come i miei. Ma c’è stata anche una furbata colossale da parte, sempre di una signora, al distributore di benzina a Mui Nè. La quale si è messa a farmi il pieno come da me richiesto senza azzerare il contatore dopo la fornitura precedente ad un’altra motocicletta. Ne è venuto fuori il doppio da pagare. Inutile farla ragionare con la logica che su un serbatoio da cinque litri non possono starcene 10. Che gran furbata...

Arrivo a Saigon (Ho Chi Minh) e per la vendita della moto mi accontento di 180 dollari, 60 in meno di quanto l’ho pagata. La moto era a pezzi ma mi ha lasciato a piedi solo una volta a 100 metri dal meccanico. Tutto sommato questa esperienza in moto è andata discretamente sotto il profilo dell’affidabilità. Bene per gli stati d'animo che ho vissuto in ogni situazione.
Prima di vendere la moto ne ho approfittato per visitare il Cu Chi tunnel che è una vasta rete sotterranea di gallerie, che si trova fuori dalla città di Saigon. 
I tunnel vennero usati negli anni quaranta, dai guerriglieri Viet Minh, durante la guerra contro le forze francesi e durante gli anni sessanta e settanta dai Viet Cong, che combattevano contro le forze del Vietnam del Sud e degli Stati Uniti, durante la guerra americana nel Vietnam.
Questi tunnel hanno avuto un ruolo strategico fondamentale nel mantenere la guerra di sfinimento contro gli Stati Uniti, che proprio a Cu Chi avevano una delle basi più grandi. 
Camminando nei tunnel si potrebbe soffrire di claustrofobia ed infatti la ragazza che era nel mio gruppo si è rifiutata di entrare in uno dei tunnel proprio per questo. Sono bassi e stretti, giusti per il passaggio di persone dalla stazza vietnamita. La lunghezza si estende per oltre 250 chilometri e all’interno vi vivevano migliaia e migliaia di persone. Davvero impressionante e angosciante se penso a come vivevano quelle persone a causa della guerra.



Anche il museo della guerra ( War Remnants Museum) in Saigon mi ha colpito. Non tanto per i mezzi americani da guerra e le armi che erano in esposizione ma per la ricostruzione con immagini, dipinti e fotografie dell’epoca che tappezzavano le pareti delle varie sale. Dalla ricostruzione di come venivano torturate le persone e imprigionate, agli effetti della diossina nelle bombe sui corpi dei soldati e dei bambini nati successivamente in quelle zone rimaste a lungo tossiche. Almeno un paio di volte mi sono emozionato e commosso nel vedere la didascalie di immagini che evocavano l’abominio delle guerre che, tutt’oggi, nel 2016, non risparmiano il mondo. 







Dall’Africa al medio oriente, con il coinvolgimento dell’occidente, la mattanza di innocenti non ha tregua. Oggi come allora e da secoli e secoli la guerra del mondo, degli umani, non cessa. Ci si è abituati e condizionati talmente tanto che non fa più scalpore a meno che non scoppi una bomba in uno dei paesi considerati occidentali. Allora si, sotto una massiccia guida mediatica ci si indigna; per dare un tacito assenso ad una nuova guerra, o incrementare una già in corso, il cui scopo finale, come sempre, è stato ed è l’ accaparrarsi di risorse… 
Il filo conduttore di tutto questo è l’ignoranza, sia dei governanti e sia dei popoli, perché nulla di tutto ciò può creare un reale benessere interiore. La serenità, la felicità, l’entusiasmo che durano a lungo. 
Questi giorni passati a Saigon, con la complicità di tutto il viaggio in Vietnam in moto, mi hanno fatto riflettere sulle società attuali mondiali; sulla crisi che stiamo affrontando, non avendo punti riferimento e dei valori stabili. E’ una competizione senza fine, mascherata malamente da umile altruismo… Siamo miliardi di menti allo sbando, ingabbiate, e che raramente aprono gli occhi per vedere davvero la “luce del sole” e scoprire i “misteri della luna”… Si guarda sempre all'esterno, incolpando gli altri.



Ma la vera battaglia si svolge sempre nella propria mente, nella propria coscienza.
Dal diario di viaggio: “La mente umana è qualcosa di eccezionalmente unica come capacitá di adattamento, apprendimento e anche condizionamento. Ma sono anche capacitá che messe tutte assieme portano all'auto ipnosi graduale: "apprendo il condizionamento e mi adatto". Così si formano i servi infelici, anche. 
Nella mente vi si può instillare qualsiasi cosa e spacciarla per giusta, evoluta, moderna e utile a tutti, oppure il suo contrario. La maggior parte della popolazione mondiale, indipendentemente dalla religione e cultura, ha insufficienti conoscenze del funzionamento della propria mente profonda che è quella che domina la maggior parte delle nostre decisioni. Ma davanti ai meccanismi della Natura, osservando come fluisce la vita che ci circonda e come fluisce al nostro interno, non si può mentire o raccontarsi troppe storie. Ci sono delle leggi incontrovertibili che creano e altre che distruggono, altre che mantengono l'equilibrio. Si può far finta di niente, per convenienza sociale, per paura, o perchè è la nuova moda lanciata da chissá chi... E presi dalla isteria di massa, che per un motivo o per l'altro non cessa un solo giorno, un esempio demenziale può sembrare fico, trendy, fashion, mentre qualcosa di davvero importante diventa irrilevante. Come Pinocchio nel paese dei balocchi. Poi però... Che sofferenza! 
Questa societá "moderna", che con slogan, citazioni e promesse, trasforma solo a parole il piombo in oro, vende il suo business sotto forma di sani principi o di giuste battaglie: contro o a favore di chi o cosa raramente è chiaro. E tutti partecipano, chi più chi meno, a questo squallido (vista la sofferenza e l'insoddisfazione che c'è) party secolare. Infatti, noi siamo la società. Tutti vogliono ardentemente o hanno voluto almeno una briciola dell'ultima e più gustosa fantomatica torta. Impossibile dire se è giusto o sbagliato, ma è davvero ciò che volevamo ? È davvero la nostra direzione o è solo la paura di qualcosa a guidarci nell'autostrada delle illusorie promesse...? 
Tutti, prima o poi, si destano almeno per un attimo, sentendo come una fiammella accesa dentro se stessi e vogliono ribellarsi. Vorrebbero cambiare ma la maggior parte delle persone rimanda a domani e poi dopodomani entrando in un turbinio di se e ma, finendo per non cominciare nulla di concreto per il proprio reale benessere; magari illudendo gli altri e se stessi di essere sulla strada giusta, per consolazione, non avendo ancora avuto sufficiente forza di volontà e umiltà. Mentendosi per il resto della propria vita. 
L'entusiasmo e la serenità che messe assieme danno vita alla gioia di vivere non si comprano in negozio, e nessuno può prestarcele, anche se in giro c'è un grande spaccio di “falsa felicità” con la quale si illudono le persone di essere nella giusta via per la realizzazione personale, o di essere tra le braccia della grazia divina facendo opere e doni materiali. Oppure ci si illude che il benessere interiore derivi solo dal prodotto interno lordo di una nazione, le quotazioni in borsa, lo sconto nel viaggio/vacanze, l'ultima trovata in fatto di tecnologia, l'acquisizione di un diploma o di una certificazione. 
Il benessere interiore non può apparire all'improvviso e rimanere a piacere secondo la propria immaginazione. Va coltivato istante dopo istante senza interruzioni e con pazienza, tutta la vita. Senza temere di andare controcorrente e ricevere critiche, senza vantarsene, perché solo con così tanta premura nasce quell'amore che può permetterci di sentirci fieri per come siamo, senza sensi di colpa e vergogna. E non per come vorrebbero mister X o miss Y, il dio alfa, l'alieno beta, lo slogan dell'ultimo grido alla Tv o nel social network.
Osservare e lasciare andare tutto ciò che è inutile, e quando si è vuoti, leggeri, c'è spazio per mettere il nuovo e più consapevolezza di come non ricaricare roba vecchia e pesante...
Così possiamo anche ridere di noi stessi, di quanto in realtà, siamo armoniosamente semplici e buffi senza tutte quelle sovrastrutture. Anche soli e sperduti nel più esteso deserto, dove tutto tace e più nessuno è al nostro fianco a darci la pacca sulla spalla, potremmo ridere.
Benessere è anche diventare felici o tristi perché siamo davvero felici o tristi, e non perché ci hanno detto, o abbiamo letto per conto nostro, come imitare un modello di felicitá o tristezza.
Godiamoci quel che siamo davvero, qualunque cosa sia in quel dato momento, perché tutta questa storia, la vita qui, finisce in fretta... Quando sarà l'ora di andarsene da questo mondo, voglio ringraziarmi di cuore di come ho vissuto per avere espresso me stesso, e non commiserarmi di quanta paura ho avuto, magari additando gli altri per le mie mancanze.”