domenica 31 gennaio 2016

Intervista per Ornitorinko.com

L'ultima intervista, per Ornotorinko.com rilasciata circa due mesi fa: Clicca nell'indirizzo sotto.

http://www.ornitorinko.com/2016/01/31/diego-ho-sconfitto-le-mie-paure-e-ora-viaggio-in-giro-per-il-mondo-in-solitaria/

Cronache dal Laos

Cronache dal diario di viaggio del Laos

Ed eccomi nel Laos. Dopo un lungo viaggio in bus da Chiang Mai, in cui vi ero stato due mesi per imparare il massaggio thailandese, arrivo a Vientiane capitale del Laos. Il vero motivo per cui sono a Vientiane è per fare il visto di 30 giorni per il Vietnam una meta che non voglio mancare. Da quanto ho letto precedentemente non c’è nulla di interessante a Vientiane, eppure questa aria nuova mi rigenera. Sarà il fatto che mi rimetto a viaggiare dopo molto tempo, o che non ho alcuna aspettativa riguardo il mio passaggio attraverso il Laos, ma questa nuova terra mi da fin da subito buoni stimoli ed è simpatia al primo impatto. Al primo tuk tuk (mezzo di trasporto economico) che prendo, passato il confine, per dirigermi verso la capitale incontro AD, ragazzo indiano simpaticissimo che però decide di saltare Vientiane e di dirigersi a Vang Vieng, una cittadina 200 km a nord di Vientiane. Il tempo di scambiarci il contatto per risentirci in futuro e vai con i saluti e gli arrivederci. 

Il mio arrivo nel Laos a Vientiane coincide anche con il ritorno ad alloggiare in ostello. L’ultima volta fù a Kashgar in Cina nell’ottobre 2014. L’ostello è una soluzione tra le più economiche per pernottare, non molto confortevole, ma è anche il luogo adatto per fare conoscenza con altri viaggiatori, spesso provenienti da ogni dove.
Oggi è facile trovare un posto libero in ostello grazie alla possibilità di prenotare a costo zero tramite internet tra uno dei molti web-site dedicati. Così ho fatto, scegliendo ad occhi chiusi un ostello tra i più economici, 5 euro a notte. 
La prima cosa cosa che mi è saltata agli occhi entrando nella stanza da 20 metri quadri sono stati gli otto letti a castello, quindi sedici posti in tutto. Poi noto il condizionatore e due ventilatori appesi al soffitto, attivi, e che girano attorno su se stessi. Finestra chiusa per le zanzare e luce artificiale. Mi viene assegnato un posto a terra e questo rende felice la mia cervicale che si sente riparata dalle ventole, e in parte dall’aria condizionata, grazie al letto sopra che funge da tetto della mia nuova casa immaginaria. Sono le 10,30 di mattina ed io arrivo da un lungo viaggio notturno da Chiang Mai in Thailandia. Sono stanco e vedendo alcune persone ancora appisolate prendo ispirazione e mi butto nel mio fantastico letto. Crash! Questo è stato l’impatto del corpo sul materasso, e mi vengono in mente i materassi degli alloggi in India duri come il cemento. Non importa, sono certo che mi abituerò come è stato in India, e in un baleno prenderò sonno. 
Tra le varie peculiarità del non avere la stanza privata c’è il continuo via-vai di persone che entrano ed escono dalla stanza. C’è chi viene a  prendere qualcosa dal proprio box privato sotto il letto, dove di solito si mettono i propri bagagli. Chi si taglia le unghie, chi chiacchiera sotto voce. C’è chi entra per caricare la batteria del telefono o del computer e chi come me scrive nel pc portatile e fa rumore con il battito dei polpastrelli nella tastiera. C’è chi esce dalla stanza a farsi gli affari propri chissà dove. Poi ci sono quelli che entrano per vedere se la stanza è di loro gradimento, per decidere se fermarsi a dormire oppure no e anche questa è una buona occasione per fare due chiacchiere con un tizio/a che potrebbe essere chiunque e che viene da dovunque. In tutto questo via-vai di persone c’è un fattore fondamentale che è la porta di entrata della stanza che mentre viene chiusa e aperta raschia troppo il muro e crea una vibrazione che sembra l’urlo di Ciubecca di Star Wars, specie se viene aperta e chiusa lentamente, magari di notte!
Ed è proprio di notte che si raggiunge il top degli avvenimenti visto che non c’è il coprifuoco per rientrare, e ci sono fino a sedici teste nella stanza; ognuna che ragiona per conto suo. Ecco il magico momento in cui stai prendendo sonno e tutto funziona a meraviglia. Le ventole girovaganti sono spente e c’è il condizionatore che mantiene una temperatura gradevole in questa stanza male odorante “a chiusura stagna”. La magia non dura molto. Qualcuno apre la porta lentamente… Sarà mica Ciubecca che vuole infilarsi nel mio letto? Il tempo di riprendere sonno e mi risveglio sentendo il rumore dello strofinamento dei sacchetti di plastica che, nonostante siano insopportabili da sentire nel dormi-veglia, riescono a strapparmi un sorriso. Comunque decido di mettere i tappi per le orecchie. Basta svegliarsi per banali rumori! Riesco a riprendere sonno ma non per molto. Forse è una giornata storta per dormire o forse devo solo riabituarmi a dormire in ostello con i suoi pro e contro. Mi risveglio perchè il compagno che sta dietro di me è un signore sulla cinquantina ed è davvero lungo. Tanto che i suoi piedi arrivano a toccare il mio cuscino, strofinandolo o schiacciandolo ogni volta che fa dei movimenti incontrollati, di riflesso, nel sonno. Mi tocca invertire la mia posizione testa-piedi. Che vuoi che sia. Passa qualche ora, siamo nel pieno della notte, e mi sveglio in un colabrodo. Cosa è successo, perchè tutta questa umidità? Qualcuno ha spento il condizionatore! Via le coperte e la maglietta e mando a fanculo questo ritorno in ostello facendo finta che sia un bel sogno.
Le notti successive sono andate meglio. Ci si riabitua! 
Ostello tutto il viaggio? Mah, vedremo!



Il giorno dopo questa turbolenta nottata sbrigo immediatamente le pratiche all’ambasciata vietnamita la quale mi da appuntamento entro due giorni per rilasciarmi il visto con adesivo sul passaporto. 
Mi faccio un bel giro nella città, non c’è un granchè storicamente parlando ma almeno scorre lo storico fiume del sud-est asiatico, il Mekong, e vado a dargli il mio saluto immaginando tutto quello che ha visto e passato nel corso dei secoli. Mi siedo lungo l’alta scalinata che bordeggia il fiume per ammirare il tramonto, uno dei miei hobby preferiti, e arrivano delle donne loatiane in bicicletta che vogliono farmi le unghie. Si, proprio le unghie. Qui a Vientiane, lungo la strada che bordeggia il fiume Mekong, nel tardo pomeriggio, cominciano a girare queste donne attrezzate con tutto il necessario per farti le unghie. Insistono ma io dico di no… Ma in realtà è un "ni" e quindi dopo almeno 10 anni qualcuno mi fa le unghie. Unghie delle mani e dei piedi, e pulizia dei bordi del tacco del piede, che dopo quasi tre mesi senza scarpe chiuse e calzini è diventato nero perfino sotto la pelle, inoltre, nel mentre, un’altra donna mi massaggia le spalle… Ah, questo si che mi piace! Il tutto al calare del sole, alla modica cifra di 4 euro dopo una lunga trattativa...La sera incontro per caso D. un ragazzo italiano che vive a Chiang Mai, in Thailandia, e che avevo conosciuto la sera prima davanti l’ostello dove alloggiavo scambiandoci un paio di battute in inglese. E come spesso succede tra italiani che si parlano in inglese, quasi subito ci si riconosce. E’ bastato che gli dicessi, in inglese, che strada prendere per andare in tal posto perché mi dicesse: “Sei italiano eh!”. Andiamo a farci una birra dopo una lunga camminata ci scambiano alcune esperienze della vita, anche profonde, fino a quando il proprietario del locale non comincia a chiudere e tirare su le sedie. Non è tardissimo, qui nel Laos, in generale alle 23,00 si chiude tutto! 
Dopo avere ritirato il passaporto con il visto per il Laos mi organizzo per la prossima destinazione, Vang Vieng. Una città famosa ai backpackers (viaggiatori zaino in spalla) occidentali per la vita notturna tra fumi d’alcol, trekking, e tubing che sarebbe una camera d’aria della ruota di un camion con la quale ti butti nel fiume e ti lasci andare. Io invece ci vado per vedere le caverne…

                                          Vientiane

   Buddha park, Vientiane




L’ostello nel quale alloggio a Vang Vieng non è più confortevole di quello di Vientiane. Diciotto persone miste in camera, senza finestre, di cui un terzo tornano alle ore più varie della notte sbronzi e si sente: a volte cadono dal letto a castello o scivolano dalla scala mentre salgono…  Non si è mai fatto male nessuno. Ma che botte! Complice anche lo staff dell’ostello che mette a disposizione, a partire dalle 17,30 fino a notte, whisky gratis per tutti a volontà.
Ad ogni modo conosco un sacco di persone e ne ricavo delle idee su rotte e modalità per proseguire questo viaggio nel sud est asiatico. L’idea più innovativa per il mio viaggio, ora, e che vorrei attuare in Vietnam me la da GT, un tedesco che assieme alla sua fidanzata sta facendo il giro del mondo in sei mesi. Ha toccato zone dell’Europa, Australia, Sud America  e ora è in Asia. Si tratta di comprare una motocicletta per pochissimi soldi (circa 200 euro) e percorrere la meravigliosa costa del Vietnam e poi rivendere la moto. Vedremo come gira! 
Ma io sono qui per le caverne e quindi mi avventuro dentro, le penetro, mi perdo, ci parlo, mi immagino ed esco… molto sudato. In particolare la “Pha Thao Cave” è suggestiva: lunga, stretta, poi larga e a due piani. Stalattiti e stalagmiti che nel corso del tempo prendono naturalmente forme note all’occhio umano. Figure umane, animali, piante… Oppure è solo calcare che prende forma secondo la mia immaginazione?
Una sera re-incontro AD. il ragazzo indiano conosciuto nel tuk tuk a Vientiane  e ci facciamo una birra comprata al supermarket seduti nei tavolini subito li fuori. Davvero bella questa idea nel Laos di mettere tavolini fuori dal supermarket per consumare a basso costo. Alla conversazione si aggiunge NL. una donna francese che viaggia da tantissimi anni tra Brasile e Asia che non è rimasta felice della sua esperienza in India 30 anni fa. Ne nasce una divertente bagarre con AD. che tenta di difendere la sua patria ma senza successo nei confronti di NL.
Sono stato in India quattro mesi l’anno scorso e posso immaginare quanto potesse essere difficile, 30 anni fa, per una donna europea viaggiare in quella terra, comunque per me straordinaria.
Vang Vieng dopo appena tre giorni non ha più nulla da darmi e visto che le caverne le ho visitate decido di spostarmi a Luang Prabang nel centro-nord del Laos.

                                                             


                                Vang Vieng panorama






Luang Prabang è la città più storica del Laos attraversata dal mitico fiume Mekong. Appena arrivo mi faccio una camminata lungo la strada non trafficata che costeggia il fiume. Ed è subito pace! Molte città, il traffico, lo smog, non sono alla mia portata. Ok, si, qualche giorno giusto per comprenderne la storia ma se sto oltre quella soglia comincia lo scombussolamento. Sto invecchiando, ma è una vecchiaia che mi piace e che sta facendo una bella cernita di cosa va bene o non va bene… Comunque Luang Prabang è alla mia portata, ha i suoi spazi per stare in solitudine, senza casino, lungo il Mekong e anche per stare in compagnia. Ad esempio è semplice conoscere persone al mercato notturno nella zona dove ci sono le bancarelle del cibo a buffet. Ti prendi il piatto e ci metti dentro quello che vuoi: pasta, riso, frutta, verdura o carne il tutto alla modica cifra di 15000 kip, che oggi equivalgono a 1,8 euro. Ti siedi dove trovi posto e cominci parlare con chi hai di fronte. Di solito sono tutti viaggiatori e quindi si condividono esperienze simili, i perchè, ma soprattutto rotte future, e quando il ritorno a casa? Alcuni non lo sanno e viaggiano come me in un "eterno" tempo presente. Non uso l’orologio, non so quasi mai che giorno del mese o della settimana sia, e mi informo sulle date solo quando devo spostarmi da un luogo all’altro per lunghe rotte. 
Luang Prabang è una città ricca di templi buddisti e nella via principale non manca di trovarne uno ogni 30 metri, vi sono molti negozi lao-style, bancarelle lungo la strada che vendono lo “fruits shake” (frullato), agenzie di viaggio, architetture derivanti dal colonialismo francese del secolo scorso ma soprattutto ci sono delle cascate d’acqua bellissime!
La sera del secondo giorno a Luang Prabang, dopo una cena mal digerita, incontro ancora, per caso AD, il ragazzo indiano, con un suo compagno di ostello francese GV. Facciamo gruppo e andiamo a berci una birra nel luogo più economico della città, al supermarket, e ci sediamo fuori nei tavolini. Nel frattempo comincio ad avere prurito in varie zone del corpo come se delle zanzare mi pungessero, ma sono troppo preso delle divertenti conversazioni con i miei amici e con tutti gli altri, che a turno si aggregano, e non ci bado. Fatto sta che l’indomani mi sveglio con braccia, gambe e piedi pieni di escoriazioni rosse come fossero punture di zanzare e la sensazione di prurito è proprio uguale a quella. Un po’ mi preoccupo ma confido nell’intelligenza del mio corpo che di solito sa riparare al mio mancato ascolto di alcuni messaggi. Forse è stata la birra o il cibo, o forse è ora di dormire in pace da solo in una stanza dopo le esperienze nelle rooms-bunker a 16/18 persone nei precedenti ostelli. Questa giornata a chiazze rosse diventa un lungo momento di meditazione fino a sera. Il corpo sta parlando, cosa sta dicendo? Dice che sono un po' stressato e quindi mi metto lungo il Mekong a contemplarlo, in compagnia dei miei più cari amici che la natura mi ha dato: l’acqua (in questo caso del fiume) e il Sole. Funziona! L’ allergia si arresta ed io sorrido, consapevole che devo aggiustare meglio i miei desideri con le mie possibilità e reali esigenze. 
Il giorno dopo mi dirigo verso le Khuang si waterfall, una meraviglia della natura che dista a 35 km da Luang Prapang. Il parco è davvero bello, se togliamo l’esibizione di orsi grizzly in gabbia che si trovano vicino l’entrata. Le cascate si erigono a circa 70 metri di altezza e l’acqua, nel corso dei secoli, ha creato il suo percorso formando altre cascate più piccole e piscine dove si può anche fare il bagno. Ed infatti molte persone si gettano nelle varie piscine naturali. Non ho nulla con me per fare il bagno, come il costume, asciugamano o ricambi vari. Ma la tentazione e troppo forte e dopo alcuni tentennamenti mi spoglio in mutande e, con il mio, ancora, corpo a chiazze rosse, mi tuffo nell’acqua fredda che lentamente diventa tiepida e poi calda… Ah.. Godo.
Da Luang Prabang ho due alternative di viaggio. Verso nord a Luang Namtha, ideale per trekking o verso est nella misteriosa “piana delle giare”. Non vi sono dubbi che dove c’è del mistero a “portata di mano” io non posso mancare e quindi, bene, verso est! 

                      Khuang si waterfall, Luang Prabang


Fiume Mekong, Luang Prabang



Tempio, Luang Prabang




Mi aspetta una lunga giornata verso Phonsovan, nella provincia dello Xiang Khoang nel Laos nord-orientale per vedere la misteriosa piana delle giare.
Sono ancora in stanza nell’ostello a Luang Prabang quando sento un tizio che chiede a chiunque se deve andare nella stazione dei bus. Mi chiedo: “vuoi che sia il driver del tuk tuk che è già venuto a prendermi? Sono le 7,15 ed eravamo d’accordo con l’agenzia che mi ha venduto il biglietto del bus per le 7,40. Cmq accelero la preparazione dello zaino ed esco in un baleno ed infatti era proprio lui, purtroppo. Dico purtroppo perchè la colazione viene servita dalle 07,30 ed è troppo presto per chiederla, inoltre c’è un’altra persone nel tuk tuk che sta aspettando per andare alla stazione. Brum brum, si parte! Il tuk tuk loatiano non è altro che una mezza motocicletta con un carretto con tettoia saldato al seguito. Differente da tutti quelli che avevo visto precedentemente nei paesi visitati fino ad ora in Asia. Arriviamo alla stazione. Cerco di capire quale è il bus che mi porterà a Phonsavan e mi viene indicato un mini bus quelli a misura d’uomo laotiano 165 centimetri, il che fa tremare le mie ginocchia che per 9 ore rimarranno schiacciate nello schienale del sedile che ho davanti. Meglio non pensarci per ora, mancano ancora 30 minuti prima della partenza ed ho tutto il tempo di mangiare qualcosa. La stazione in questione non è il top della modernità, inutile pensare ad un breakfast “continental”  e quindi mi accontento di un Lao the e un sandwich con frittata. Giusto il tempo di finire ed ecco chè è ora di partire. Il mio posto non è niente che popo di meno che l’ultimo dietro a sinistra. In castigo oggi!  Comincia il viaggio, fianco a me ho un ragazzo loatiano, tutto tirato e impomatato, con la fissa degli autoscatti con il telefono. Eh si, la selfie mania è arrivata anche nel Laos. Ogni tanto fotografa anche fuori e quindi gli sposto la tendina, ma ogni volta che guardo che panorama sta fotografando non noto nulla di suggestivo in quel momento. La cosa mi fa sorridere, ma mai tanto come quando si mette il deodorante stick sotto le ascelle. 
Ci inoltriamo nelle montagne, ed ora la vista comincia ad essere davvero suggestiva. Le strade sono strette, non ci sono protezioni nei bordi e molte buche fanno tremare il mini bus fino a quando… Crash!! Un incidente! Il primo in dieci mesi di viaggio. Una gran botta tanto che il bus dal colpo torna indietro di almeno un metro. Ci siamo scontrati con una automobile la cui parte del motore è distrutta. A bordo c’è una famiglia con due bambini ma nessuno è ferito. Per quanto riguarda il bus, invece, parti meccaniche illese, distrutto solo il fanale anteriore sinistro, e quindi presto si potrà ripartire. Tra i passeggeri del bus c’è un signore francese che ha preso una gran botta sotto il ginocchio ed ora è gonfio. Ricordo che il francese, prima di partire, insistette per farsi cambiare di posto e farsi mettere in prima fila per stare più comodo e avere più spazio per le ginocchia ma al momento dell’incidente ha sbattuto su un paletto in ferro, anziché un più morbido schienale di un sedile.
Finito il rito ci constatazioni con la polizia locale possiamo ripartire. Continuo a guardare fuori dal finestrino a guardare il panorama: queste strane e bellissime montagne, villaggi con case in mattoni ma anche in legno oppure il piano terra in mattoni e il primo piano in legno. Persone accovacciate che stanno sul ciglio della strada a guardare, gruppi di bimbi che giocano in mezzo la strada anche se non capisco mai con cosa, forse usando solo la fantasia, ma vedo che ridono e si divertono. Poi qualche baracca che vende prodotti di prima necessita ma anche uomini che tagliano legna e donne che stendono i panni al vento. La mia immaginazione parte e mi immedesimo in quelle situazioni facendomi un bel viaggio… Come sarebbe se facessi ora quella vita per anni? Quali pro e contro sperimenterei rispetto a quello che credo di essere ora? Ma alla fine è inutile darsi delle risposte vaneggiando, bisognerebbe provare davvero. Ancora un paio di ore e ci siamo, arriveremo a Phonsavan a vedere la misteriosa piana delle giare!
Inizia ad imbrunire, il cielo comincia a coprirsi di nuvole e vedo gli alberi scossi dal vento. Siamo arrivati a destinazione! Scendo dal bus e fa un freddo assurdo rispetto alla mattina. Temperature in picchiata! Dopo l’assalto dei venditori di tour per la piana delle giare, i quali ti parlano come se avessi già firmato un contratto con loro solo per avergli dato retta, prendo un tuk tuk assieme ad altre persone per dividere i costi, e mi dirigo verso la guesthouse che avevo in mente. Finalmente un po’ di relax. 
L’indomani mi sveglio con un tempo davvero pessimo, pioggia, vento e temperature vicino allo zero gradi. Pessima idea per andare nella piana delle giare che dista circa 15 chilometri e decido di organizzarmi per il giorno seguente.
Il giorno seguente non piove ma è davvero freddo e il vento taglia la pelle del viso e delle mani! Ne approfitto della pausa pioggia e assieme ad una coppia di anziani francesi affitto un tuk tuk e andiamo…
Giunto nel luogo mi improvviso documentarista della misteriosa piana delle giare e giro delle scene con cui creerò un video documentario da pubblicare nel mio blog.
Ma cosa è la piana delle giare? E’ un luogo ancora avvolto dal mistero, anzi è uno dei più grandi misteri dell’archeologia mondiale e si stima che siano state create attorno il 500 a.c. Le giare sono disseminate in un altopiano comprendente una serie di almeno 90 raggruppamenti con un numero di giare che variano in altezza  comprese tra 50 cm e tre metri. Sono tutte scavate direttamente nella roccia. Ogni raggruppamento varia da una giara fino a 400 giare. Molte giare presentano un coperchio e non sono decorate ad eccezione di un singolo bassorilievo. Le giare sono state scolpite in diversi materiali rocciosi quali pietra calcarea, arenaria e il granito. Tutt’oggi è un mistero su come si potesse nel 500 a.c. modellare il granito con gli strumenti di quell’epoca, lo scalpello in ferro. Oppure era in uso una tecnologia ancora oggi sconosciuta per quell’epoca?
Riguardo l’origine delle giare si sono avanzate varie ipotesi tra gli archeologi che si sono interessati. Erano forni crematori, vasi di disidratazione dei cadaveri o contenitori per l’acqua che sarebbe stata raccolta durante la stagione delle piogge?
Oppure è andata come narra la leggenda locale, tramandata dalle popolazione del Laos nel corso dei secoli. Una razza di esseri giganti abitava la zona ed era governata da un re chiamato Khung Cheung che, a seguito di una vittoria contro il suo acerrimo nemico avrebbe dato disposizione di creare le giare per potervi mettere dentro un liquore chiamato “lai hai” e celebrare la vittoria. 
E' incredibile potere ancora visitare la piana delle giare a causa dei pesanti bombardamenti a cui è stata sottoposta tra il 1973 e il 1964 da parte dell'esercito americano nella così detta "guerra segreta" nella quale furono lanciate milioni di tonnellate di bombe a grappolo. Solo 7 siti su circa 90 sono stati bonificati, ed ora, grazie ad uno specifico percorso è possibile, in parte, visitarla.
Nel 1992, i siti archeologici sono stati sottoposti ufficialmente all’attenzione dell’Unesco che lo ha inserito tra le candidature alla lista dei patrimoni dell’umanità.

                                     Piana delle giare

Piana delle giare




A causa della data che ho fatto mettere sul visto per entrare in Vietnam quando ero a Vientiane mi trovo a dovere attendere altri otto giorni prima di potervi entrare. Potrei spostarmi un po’ più ad est ma visto il tempo davvero pessimo e le strade delle montagne loatiane alquanto insicure, preferisco fermarmi a Phonsavan altri tre giorni prima di dirigermi verso Sam Nuea dove, li vicino, a Viengxay ci sono le famose caverne.
In questi tre giorni di pioggia e freddo mi barrico in un ristorantino la cui temperatura media sono 6 gradi. Vendono del buon vino rosso, non so che marca sia ma verso sera mi faccio qualche bicchiere per scaldarmi, e visto il freddo è davvero difficile prendere una sbronza o diventare semplicemente “allegri”. Si mangia decentemente sia occidentale che locale ad un prezzo accettabile, se non che, l’ultima cena prima della mia partenza, vedo un topo entrare in cucina. Ahahah… Mi faccio una risata e mi chiedo se tutto quel buon gusto del cibo fosse l’effetto della cacca dei topi per contorno.

Giorno della partenza per Sam Nuea
Sono felice di partire per Sam Nuea, il viaggio è con un mini-van e finalmente starò al caldo dentro il mezzo. Ma non è così. La signora fianco a me, nel bel mezzo delle montagne, curve e buche, si sente davvero male e comincia a vomitare dentro il sacchetto trasparente un fluido di colore azzurro/arancione. Davvero non riesco a capire cosa possa essere quella torba. Comunque apre il finestrino per prendere aria e si stende nel posto libero che ha di fianco. L’aria è gelida, io sono di fianco a lei e i miei capelli svolazzano al vento fino al primo pomeriggio; quando lei si sente meglio, la temperatura si è alzata e quindi chiude un po’ il finestrino.
Evviva siamo arrivati! In una città fantasma perchè per la maggior parte del tempo non c’è elettricità e sarà così per un paio di giorni… Pile  e candele, si. La mia prima cena a Sam Nuea l’ho fatta con un americano di Chicago conosciuto nel mini-van, a lume di candela. Nessun argomento romantico durante la cena ma ovviamente la nostra attuale passione, viaggi! 
L’indomani con una coppia di australiani conosciuti alla stazione dei bus mi dirigo a Viengxay a visitare le caverne nelle quali, il partito comunista “The Pathet Lao”, stabilì una città nascosta tra il 1964 e il 1973, durante la così detta “guerra segreta” per difendersi dai bombardamenti da parte dell’esercito americano. Sono rimasto davvero affascinato da questa città costruita nelle caverne. I fori erano stati creati con la dinamite e poi vennero allestite stanze con pareti i legno dove non fossero state sufficienti le pareti create con la roccia esplosa: camere da letto, bagni, uffici, cucine, ospedali, scuole, stanze a chiusura stagna per nascondersi durante i bombardamenti; in cui una speciale pompa manuale permetteva di pescare aria dall’esterno e filtrarla per respirare ossigeno idoneo. Che dire, non mi aspettavo nulla di particolare ed invece mi sono trovato immerso nella storia di circa 50 anni fa per almeno tre ore…

                                 Caverne a Viengxay


stanze dentro le caverne a Viengxay



Sam Nuea si trova vicino al confine loatiano-vietnamita ed una nuova avventura si profila all’orizzonte. Manca poco, Vietnam sto arrivando e un uccellino mi ha detto che sei un luogo molto interessante… 



martedì 26 gennaio 2016

Nuovo video: Laos, una perla dell'Asia

Ecco il primo video del 2016. Buona visione!! 

Purtroppo, a causa di alcuni 'copyright' della musica che ho inserito, su alcuni dispositivi cellulari, non è possibile vedere il video.
Chi è iscritto a Facebook può vederlo nella pagina




sabato 9 gennaio 2016

Thai yoga massage in Chiang Mai, Thailand

Quasi due mesi a Chiang Mai, in Thailandia. 
Sono arrivato direttamente qui dopo il viaggio in Birmania e non mi sono mai mosso. Troppo forte il desiderio di imparare il massaggio thailandese ma anche di stabilizzarmi per un po’ in un luogo che non mi facesse mancare nulla. Così è stato. Chiang Mai è la seconda città della Thailandia per grandezza dopo Bangkok, con un immenso afflusso di turisti che si nota al primo colpo d’occhio nelle vie della città. Ristoranti multi etnici, pub, mercati tipici sia di giorno che di notte, venditori di cibo ambulanti che inebriano l’aria fin dal mattino con gli odori del cibo tipico thailandese. Ma soprattutto qui si fanno massaggi. Questo è il posto giusto! Chiang Mai sta al Thai massaggi come Rishikesh allo yoga, La Mecca ai musulmani e Bodhgaya ai buddisti…


Prima di giungere in questa città pensavo di restare qui al massimo un mese, visto il mio pessimo rapporto con le città caotiche e “a smog”, e invece ne sono passati quasi due. Ogni settimana rinviavo di una settimana la mia ripartenza. C’era il nuovo corso che potevo fare e nuove sintonie con le persone che quotidianamente conoscevo ai corsi. Così nascevano davvero delle belle condivisioni perchè ti confronti con persone che hanno gli stessi obiettivi (imparare l’arte del massaggio), ma vite diverse e provenienti dalle più varie zone del pianeta Terra.
Il mio arrivo a Chiang Mai coincideva con il Loy Khratong festival, quello che in Italia viene chiamato il festival delle lanterne o delle luci che avviene nelle notti di luna piena del dodicesimo mese del calendario lunare thai, ovvero nel nostro novembre, in tutti i Paesi Buddisti (Thailandia, Laos, Myamar, Cambodia). Loi significa lettralmente “galleggiare” mentre Krathong si riferisce a delle composizioni fatte di petalo di loto e foglie di banana che galleggiano sull’acqua. Il festival dura qualche giorno ma il momento più bello per gli occhi è il giorno di luna piena quando vengono lanciate migliaia di lanterne, e il cielo si illumina letteralmente d'oro e rosso infuocandosi. Uno spettacolo che non si dimentica…



Il primi giorni al corso di massaggio mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Si cominciava alle 9 del mattino fino alle 4 del pomeriggio. Studiare e ascoltare delle lezioni in inglese è stato per me una novità ma non ci ho messo molto ad ambientarmi grazie soprattutto alla bella sintonia che si è sviluppata con i compagni di corso. Quindi, preso coraggio e visto che tutto era alla mia portata, ho rifatto il primo corso per poi proseguire con corso e lezioni più avanzate. Thumbing, palming, more pressure, less pressure, stiff, soft. Semplice no? Questa esperienza a Chiang Mai con il Thai yoga massage è solo un seme che è stato piantato ora bisogna annaffiare per non dimenticare e fare crescere l’albero per sviluppare le doti del massaggiatore.  Riuscirò a non perdermi dietro a qualcos’altro? Difficile fare tutto viaggiando, troppe cose interessanti ti fanno sbandare la testa, ma farò del mio meglio. Chissà se un giorno riuscirò a mettere in pratica tutto quello che sto imparando e disimparando per poi mettermi sotto un albero di banano a contemplare l’orizzonte in attesa dell’amica “morte”…



Per ora viaggio, viaggio come un vagabondo!
Perché viaggio come un vagabondo? Viaggio per curarmi. Il viaggio oggi è la mia medicina. Non ha controindicazioni ma provoca dipendenza. Mi porta nell’abisso e poi nelle stelle. L’effetto collaterale più rilevante è l'apertura del cuore e della mente. Se qualcuno mi chiedesse come curare certe disfunzioni gli direi di cominciare la cura viaggiando. Viaggiare più che può, lasciandosi andare; per assaporare ogni boccata d'aria nuova, entusiasmarsi di ogni paesaggio naturale e antica costruzione. Immergersi nella tradizioni del luogo e restare con il fiato sospeso per i racconti degli anziani. Confrontarsi con le altre culture e rivedere le proprie convinzioni, per comprendere che non c'è migliore o peggiore e diventare più leggeri; che i sorrisi dei bambini valgono tanto sia ad est come ad ovest, a sud come a nord. 
Ci sono esseri umani che nell'animo sono nomadi, e che tramite il viaggio esplorano la loro immaginazione per farsi poi "incantare" da quello che diventa realtá. Ad un certo punto senti una spinta, come una bolla di energia che vuole uscire dal corpo. E' il momento, non puoi aspettare troppo. L' l'idea di rimetterti in strada ti dona l'entusiasmo di un ragazzino. Ancora una volta per rincorrere il maestro: l'ignoto che ti darà la prossima lezione… Laos sto arrivando.