giovedì 19 novembre 2015

Si torna fuori Europa: Myanmar da scoprire!

Dopo sei mesi di stop riparto dal Myanmar…
Nei mesi che sono rimasto in Italia, prima della mia ripartenza, mi è spesso balenato in testa, nel caso ne avessi avuta ancora la possibilità, come avrei ottimizzato il tempo del viaggio che avevo improvvisamente interrotto, dove sarei andato… Parlo di ottimizzazione perchè ho scoperto (meglio tardi che mai) che il tempo andato è andato, e anche se ci fossero milioni di reincarnazioni che ci mettessero davanti le stesse simili situazioni, questa esperienza, di questa vita, è unica e non va sprecato nemmeno un secondo.
Da qui la scelta di viaggiare anche in aereo per andare dove, attualmente, posso imparare quanto reputo ancora necessario viaggiando. E infatti, giusto per contraddirmi, eccomi qui nel Myanmar a fare praticamente il turista invece di andare direttamente in Thailandia ad imparare il Thai yoga massage come avevo pensato…
Ma come potevo resistere all’idea di vedere un luogo dove la maggior parte delle persone fuori dalle città usano ancora i carretti trainati dai buoi come trasporto principale? Come potevo resistere dal vedere di persona oltre 2000 templi buddisti costruiti quasi 1000 anni fa nella città di Bagan… E il lago Inle dove ci sono i pescatori su di una barchetta che con una gamba remano, con l’altra si tengono in piedi e con le mani pescano grazie ad una rete… Quindi ho detto fanculo, mi prendo una vacanza e in Thailandia si va successivamente…

Prendo l’aereo da Venezia, ore e ore di viaggio. Smetto temporaneamente di meditare seduto e mi riprometto di riprendere quanto prima… 25 ore di viaggio, 3 cambi di aereo, non riesco a dormire, sono eccitato, dovrei riprendere subito a meditare… Ma è come se stessi tornando a casa da un’altra famiglia; anche se è una casa e una famiglia diversa da quella biologica in cui sono vissuto e cresciuto per la maggior parte della mia vita e a cui sono grato… Mandalay, seconda città del Myanmar dopo Yangon, e vecchia, vecchissima capitale di tempi andati… Eccomi sono arrivato! Nessuna preoccupazione, mi sento un viaggiatore esperto adesso. E poi ho imparato anche l’inglese, ora leggo pure i libri in inglese… Eppure certi imbarazzi sembrano non passare mai; come è successo con una ragazza tedesca in aeroporto che parlava inglese meglio di un inglese e che un po’ faticavo a seguire… Insomma, c’è un po’ di ruggine da togliere ma nulla è impossibile… 
Nel frattempo mi organizzo: numero di telefono birmano, cambio della moneta, scarico una applicazione su telefono che mi da tutte le mappe del mondo off-line e quindi anche quella del Myanmar, grazie al suggerimento di un tizio sud-africano conosciuto in taxi… Sono a Mandalay e comincio a visitare questa bella città a partire dal Royal palace che ha una cinta muraria lunga chilometri e kilometri… Il U bain ki bridge, un ponte di legno lungo un kilometro, l’antica cittadina di Inwa e Mandalay hill la collina alla cui cima ci si arriva tramite una lunga scalinata, sezionata da piccoli templi, e su cui ho visto uno dei tramonti più belli di tutto il Myanmar. 
E il verso che i birmani usano per chiamarsi dove lo mettiamo? A lettere non saprei come definirlo ma è identico a quel verso che in Occidente si usa per chiamare dolcemente il cagnolino o il gattino per darli da mangiare o accarezzarlo… Dopo qualche indugio, passata l’idea che sarei scoppiato a ridere, ho provato anche io il verso, e funziona! Mentre cani e gatti ti snobbano o ti guardano con la testa inclinata...



Bagan, la piana dei templi buddisti, il luogo che più di tutti desideravo visitare nel Myanmar. Se non che, dopo una mezza giornata in scooter, sotto la piaggia e senza k-way mi ritrovo con diarrea e un forte raffreddore che ho smaltito solo dopo una decina di giorni… Niente alba o tramonto surreale a Bagan, il tempo non ha retto, però che piana maestosa! In origine i templi erano oltre 12000, costruiti tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo, dai vari sovrani che si sono susseguiti. Adesso ne sono rimasti circa 2200 in un’aerea di circa 42 chilometri quadrati. Non c’è nulla di simile in occidente, bisognerebbe raggruppare tutte le cattedrali medioevali europee in un fazzoletto di terra…




Seguendo sempre la rotta turistica, da Bagan mi dirigo verso il lago Inle. L’indomani del mio arrivo affitto una barca con guida e mi lascio trasportare dove lui sa. Ed ecco che mi porta nei negozi delle palafitte lungo il lago. Una situazione già vista e rivista in altre parti del mondo ma alla quale stavolta non mi sono opposto, anche se ho lasciato tutti i negozianti delusi visto che per me lo shopping per piacere è ormai una storia antica… Il paesaggio è suggestivo, e mentre si arriva nel mezzo del lago si possono notare i pescatori che usano tutta una loro tecnica per pescare. In pratica usano una gamba e un braccio per remare, con l’altra gamba si tengono in piedi sulla prua (parte anteriore di una imbarcazione) e con il braccio rimanente pescano con una rete. Lungo il lago ci sono le abitazioni riposte su delle palafitte su cui ci sono anche le scuole e i negozietti. Una visione che mi ha ricordato un po’ la vita che si svolge in alcuni punti lungo il Rio delle Amazzoni in sud america… I negozietti sono ben architettati; infatti, prima di venderti il prodotto finale, ti fanno visitare la lavorazione artigianale in laboratorio: argento, seta, loto, tabacco… Perlopiù prezzi per ricconi come la sciarpina in seta di loto che ho visto a 500 dollari…
Oltre ai pescatori, un’altra cosa interessante sono state le estese piantagioni di pomodoro galleggianti che vengono curate da operai addetti, stando in piedi su delle barchette. E’ bello girare in mezzo i canali d’acqua, con ai lati le abitazioni/palafitte. I canali sembrano strade d’acqua e non manca di incrociare altre barchette con residenti a bordo. Qualcuno si aggancia per venderti qualcosa ma senza opprimerti. Qualcuna invece ti lancia un bel fiore di “stagno” per darti il benvenuto e l’ego mago/illusiorio mi fa pensare che sono un figo… Alloggiavo nei pressi di Nyaungshwe, la cittadina principale dove si può alloggiare vicino al lago Inle. Li si possono anche affittare biciclette e scooter e farsi un giro nel bel circondario…



Il tuor birmano fai da te continua e per logica finisco a Yangon, l’ex capitale e maggiore città del Myanmar, dopo un viaggio nel “bus era glaciale”. Se la temperatura esterna è di 30 gradi i bus turistici birmani possono arrivare a quella interna di 17/18 gradi e non basta la copertina che ti danno in dotazione. Servono maglioni o un litro di vodka per scaldarsi…
L’arrivo a Yangon non mi ha dato il benvenuto portandomi idee chiare sul da farsi successivamente, ci resto due giorni e visito la imponente Shwedagon pagoda con il suo stupa dorato alto 98 metri sulla collina di Singuttara e che di conseguenza domina il profilo della città. Davvero un bel vedere.  E’ la pagoda buddista più sacra per i birmani, con le reliquie conservate di quattro Buddha dei cinque vissuti nell’enne attuale, tra cui anche 8 capelli di Siddharta Gautama, il Buddha storico. 
Per il resto Yangon mi è sembrata una città caotica e inquinata come tutte le città del mondo, abbastanza comprensibile da girare anche se un po’ scarsa di mezzi pubblici. Ma questa è una mia opinione soggettiva dettata dal fatto che con le grandi città a "smog" non ho più un bel rapporto. E' rimasta ordinata il giorno delle elezioni politiche e anche quelli successivi, che hanno determinato la schiacciante vittoria della Donna, premio Nobel per la Pace, San Suu Kyi e del suo partito...



Le città rilasciano troppo smog e la mia respirazione comincia a risentirne, tosse e irritazione alla gola non mi lasciano tregua dai gironi in cui ero a Bagan…
Così decido di andare in un posto migliore per me e meno inquinato: la bella a e quasi desertica spiaggia di Ngwe Saung dove, però, per pernottare ti costa un occhio della testa… Ma non sono pazzo e so di avere un budget limitato. Grazie ad un taxi-driver ho trovato un residence alla mia portata davanti al mare, e fuori da qualsiasi inquinamento acustico. Manca l’elettricità dalle sei del mattino alle sei di sera, non c’è wi-fi… Non importa! Arrivo con il bus alle 4 del mattino mi daranno la stanza solo alle 9. Sento il rumore delle onde del mare e mi fiondo in spiaggia dove vedo dei lettini di legno. Mi sdraio e contemplo il cielo stellato. E’ un bel vedere, e mi sento intensamente fortunato della mia vita e penso che alcuni bassi dell’esistenza hanno un senso se poi ci si può sentire così…
Qui a Ngwe Saung non c’è nulla da fare, c’è solo il mare e la spiaggia e gli alloggi.  Ma c’è davvero poca gente, e se arriva qualcuno di nuovo nei paraggi te ne accorgi subito. Si fanno delle lunghe camminate in questa ancora incontaminata spiaggia, bagni nel mare fino a palmare le mani e si ascolta quello che ha da darti questa tipologia di natura. I tramonti sono tra i più vivi e intensi che io abbia mai visto e non me ne perdo uno. E quando è quasi tutto buio, dentro ancora in acqua. Ogni tanto incontro un granchio, una cavalletta o uno scarafaggio nell’incrocio tra terra e mare. Mi fermo a salutarli, osservarli o fotografarli, e se sono a pancia in su e impotenti con le zampette al vento, li rendo abili girandoli sotto sopra perchè possano godersi ancora un po’ questa esperienza. 

Le occasioni per chiacchierare con altri persone sono scarse, perché siamo davvero pochi e ci si incrocia di rado ma poco importa in questo periodo… Anzi più passano i giorni e più mi affeziono a questa tipologia di vita, cosciente che, comunque, prima o poi raggiungerebbe il suo culmine e mi porterebbe altrove...



Ma cosa dire delle persone del Myanmar?  Ho visto sorrisi, innocenza e voglia di fare... Voglia di chiacchierare magari solo per migliorare l'inglese e sapere chi sei, che lavoro fai, se hai famiglia; il che faceva bene anche a me. Sarà che quando viaggio mi focalizzo sul bello dell'esperienza e non vedo troppa malizia, ma questo paese è stato quello più incontaminato tra tutti quello che ho visitato. Anche qui, come in Iran, non manca di essere invitato a casa per mangiare e rendere una giornata ancora più speciale. Loro hanno un ospite e tu hai l'onore di stare con una famiglia di un'altra tradizione e cultura... Non manca di scambiarsi indirizzi e-mail e contatto del social network, perché anche qui, quasi tutti hanno lo smartphone. Anche quelle poche persone che ho visto vivere in strada ce l'hanno.

Ora sono appena arrivato in Thailandia, stavolta ho preso l'aereo così ho interrotto la lunga serie di confini via terra che dall'Italia mi avevano portato in India. Ma il sogno continua. E' il sogno di essere nella strada, quella giusta perché è la mia. E' il sogno che questa strada, nonostante le deviazioni, mi porterà alla meta. Conosci te stesso in barba al mondo e le sue paure... Adoro il mio strumento, è uno dei miei alleati; è il viaggio solitario con cui ancora oggi divento pioniere dei miei mondi. Dove l'amore non ha forma né rumore e dove, grazie ad esso, posso guarire le mie ferite; perché dove c'è amore non c'è tempo, non c'è illusione. Ci sono io, io davvero per quanto possibile.