sabato 15 ottobre 2016

Indonesia: Gunung Bromo vulcano

ITA scroll to ENG. Video English subtitles.
ITA:Il video mostra le immagini del Bromo vulcano in Indonesia. Video girato in agosto 2016. Il viaggio in Indonesia è stato più un passaggio verso l'Australia che una esplorazione di questo paese, ma I due giorni che ho trascorso nell'area del Bromo mi hanno lasciato spesso senza parole. Era la prima volta che visitavo un vulcano attivo. L'alba al Bromo Tengeer Semeru National Park è stata tra le più spettacolari tra quelle in cui ho avuto il privilegio di assistere.
ENG:The video shows images of Bromo volcano in Indonesia. I made the video in August 2016. The trip in Indonesia was more a crossing to Australia than an exploration of this country, but the two days that I spent in the Bromo area left me speechless. It was the first time I visited an active volcano. The dawn in Tengeer Bromo Semeru National Park has been one of the most beautiful sight in my life.



domenica 9 ottobre 2016

Una nuovo modo di vivere è cominciato

Il primo mese a Sydney si è confermato difficile ma è passato ed ha insegnato ad essere più pazienti...
Nonostante in pochi giorni fossi riuscito ad ambientarmi al ritmo della città, i dubbi sul da farsi si sono fatti avanti. Non ero arrivato in Australia con le idee abbastanza chiare grazie al mio "prendo quel che viene che va sempre bene” e che mi ha accompagnato durante il viaggio. Ma qui con il costo delle vita c’è da stare attenti. Le possibilità sul da farsi erano tre; viaggiare attorno all'Australia a basso costo facendo volontariato, guadagnare soldi cercando qualche lavoro in nero rischiando di essere beccato e rispedito in Italia, o applicare uno student visa che mi avrebbe permesso di studiare e lavorare part-time legalmente. Il mio budget non é più quello di due anni fa, quando sono partito dall’Italia, e la lingua inglese, anche se migliorata nella conversazione e nella comprensione, ha ancora ampi margini di miglioramento nella grammatica. La scelta migliore e sicura per me è stata pagare per un corso di inglese in un college accreditato dal governo che mi permettesse di applicare per il visto studente e attendere di ottenerlo per cominciare anche a lavorare part-time. Studiare in Australia è molto costoso, e nel mio caso ho dovuto versare la cifra in una rata unica per iscrivermi ad un corso di inglese di 20 ore a settimana, per tre mesi. Il visto ha tardato ad arrivare rispetto alle tempistiche medie e questo ritardo aveva cominciato a darmi delle preoccupazioni perchè non era comunque certo che lo ottenessi e, in questo caso, una parte dell’investimento in questa avventura australiana sarebbe andato perso.
Ad ogni modo tutto ha cominciato ad andare per il meglio. Ho cominciato il corso serale di inglese che non è affatto noioso ed il college è ben organizzato. Ci sono ragazzi che vengono da ogni parte del mondo, la maggior parte sono tra i 20 e i 30 anni e qualcuno mi ha nominato grandfather (nonno) a causa della mia barba bianca. 
Da qualche giorno ho cominciato a lavorare in una azienda con cui ho collaborato nel 2009 per alcuni giorni. Si tratta più o meno dello stesso lavoro che facevo in Italia prima di cominciare il viaggio nel 2014. Avevo provato a fare anche l’aiuto cuoco/lavapiatti in un ristorante molto affollato. Un esperienza che non dimenticherò mai da quanto dura è stata: 10 ore no-stop a lavare ogni sorta di artiglieria da cibo, il più velocemente possibile, perchè continuava ad arrivare roba sporca e ne serviva di pulita. Anche se avevo superato la prova ed ero stato confermato, non me la sono sentita di fare quella vita ogni giorno. 
Anche se ora lavoro solo part-time i salari in Australia sono alti e questo mi dovrebbe permettere di pagare tutti gli studi, sostenere il costo della vita e uscire dall’Australia con almeno lo stesso budget con cui sono entrato. Il visto dura fino al 20 febbraio 2017 e poi si vedrà se restare ancora o salpare… Mi manca solo di trovare un appartamento dove poter vivere più tranquillo di un ostello che, per quanto sia utile per praticare la lingua inglese, è scomodo per riposare a causa del bordello… Le mie giornate sono diventate piene dal lunedì al venerdì, dalla mattina presto fino alla sera: studio e lavoro vivendo in una grande città. Chi lo avrebbe detto che avrei fatto tre cose che non mi piacciono molto contemporaneamente? 

Riguardo Sydney è una città pulita, organizzata e nonostante il traffico (scorrevole) è silenziosa. Sydney è il centro economico dell’Australia e anche se il costo della vita è alto i salari mi sembrano rapportati adeguatamente. I trasporti pubblici terra/mare funzionano perfettamente e coprono tutta la città che, in estensione, è una delle più grandi del mondo. Vi sono molti parchi dove poter trascorrere tempo libero o fare sport e non si ha mai la sensazione che sia troppo affollato. Camminare lungo le lunghe e alte scogliere ammirando l’oceano è per me piacevole e rilassante, come lo sono anche le tante spiagge che Sydney conta. Devo ancora andare nelle famose Blue Mountains a due ore di treno da Sydney e nei parchi appena fuori città dove si possono vedere i canguri; non mancheranno le occasioni.

Qualche giorno fa sono arrivate a Sydney due ragazze italiane che avevo conosciuto di persona durante il viaggio, ma in periodi differenti, e con cui avevo speso dell’ottimo e utile tempo. Marzia in India e Veronica in Thailandia. Sono arrivate in Australia dopo che hanno viaggiato l’ultimo mese assieme in Indonesia. Ieri le ho rincontrate e abbiamo condiviso le nostre esperienze e il nostro sentire. Abbiamo condiviso anche una carbonara cucinata in ostello e una bottiglia di vino rosso… Che bello, grazie!


Si va avanti :-)



lunedì 22 agosto 2016

Il ritorno alla civiltà occidentale

Un anno e mezzo di viaggio era la stima iniziale minima prima della partenza ma sono ancora in viaggio. Dopo alcune settimane in Indonesia mi trovo a Sydney, in Australia!

L’Australia rappresenta per me una delle più grandi sfide di questo viaggio essendo un paese costoso e di madre lingua inglese. Lingua che dovrò migliorare e approfondire e spese che dovrò affrontare con la massima cura di cui dispongo. Vorrei rimanere in questo paese qualche mese e riuscire ad adattarmi nel migliore dei modi. Le idee e le opportunità credo che arriveranno

In questi mesi in Asia ho conosciuto molte persone e con alcune mi sono legato saldamente. Ma anche sono rimasto da solo buona parte del tempo. Ho riso, pianto, giocato, studiato e praticato. Ho aiutato persone e soprattutto mi sono fatto aiutare da loro. Ho imparato dagli altri e forse qualcuno ha imparato da me qualcosa di cui non ne verrò mai a conoscenza.
Ho accettato inviti e altri li ho rifiutatati perchè posso scegliere. Ho condiviso parte del viaggio nel social network con video, foto e racconti e a volte mi sono preso dei lunghi momenti di distacco: per vedermi da più prospettive, cosa che considero fondamentale per tentare di crescere.
Quante persone sono arrivate e poi se ne sono andate ed il distacco non è mai piacevole, ma si impara che l’esistenza quando ti porta via qualcosa o qualcuno, per sempre o temporaneamente, è per darti una nuova esperienza da integrare con qualcosa o qualcuno di nuovo.

L’impatto a Sydney non è stato brillante, specie per la temperatura autunnale e il vento fresco. Di sera fa freddo. In quattro e quattro otto (si scrive così?) ho dovuto tirare fuori dallo zaino quelle tre cose invernali che ormai avevano la muffa a causa del loro inutilizzo. Inoltre dovrò riabituarmi alla civiltà occidentale dopo tutti questi mesi nel sud-est asiatico: ritmi, usi e costumi. Stenderei un velo pietoso riguardo la stanza in ostello dove dormo e il disordine che regna al suo interno: non credevo ai miei occhi quando l’ho vista, ma forse sto solo diventando vecchio… Ah! Ad ogni modo credo che tutto quello che succede è li apposta per farmi crescere ancora, e se vorrò andare avanti dovrò adattarmi come una goccia di cera bollente che si posa nel candelabro, prendendo la forma che viene ma rimanendo ancora cera. C’è un mix di timori ed entusiasmo, passione e riflessione, è la vita che pulsa per darmi la possibilità di essere vivo e di rimanere sveglio.
Tra picchi di adrenalina, quiete e sopravvivenza alle forze opposte, il viaggio, in ogni sua forma e tipologia , crea la sana follia che l’esistenza ha messo a disposizione per poter gridare: Cazzo se sono vivo! 

Si va avanti, sempre, attraversando casa…


mercoledì 3 agosto 2016

Singapore low cost

Singapore low cost (basso costo) è stato il mio modo di visitare la città: dovendomi privare dei classici divertimenti delle grandi città, mangiando cibo cinese, dormendo nel posto più economico che son riuscito a trovare. Tutto questo non toglie nulla al viaggio, a quello che ho vissuto e visto. A partire dal suo cuore dove giace colonial district, fino a tutti gli altri distretti attorno alla città; sono stati tre giorni senza sosta e con la camera in mano, dando spazio alla mia creatività che a volte erutta e che grazie ai video posso esprimere in qualche modo. 


martedì 19 luglio 2016

Kuala Lumpur and the wild Malaysia

-English subtitles-
Nuovo paese significa nuovo video! Questo è uno dei video più lunghi che ho fatto dall'inizio del viaggio nel 2014 ma la Malesia ha così tanto da mostrare. E' stato inaspettato sia trovarmi qui che vedere tanta bellezza.
Nel video si parte da Kuala Lumpur, la capitale della Malaysia, attraverso il KLCC park, China town, Merdeka square e le Petronas Towers. Si prosegue in pompa magna nelle immense distese di thè nelle Cameron Highlands, trekking nella jungla del Taman Negara incontrando flora e fauna del posto e per finire il paradiso: le isole Perhentian, le sue spiagge e la vita sotto acqua.
NB: è possibile che a causa dei copyright sulla musica non sia possibile vedere il video su alcuni dispositivi.



martedì 28 giugno 2016

Gli imprevisti mi portano in Malesia

Il vecchio passaporto non aveva più pagine disponibili per l’applicazione di timbri e adesivi di frontiera, così mi ritrovo a Bangkok per richiedere un passaporto nuovo… Tempo di attesa un mese. Nel frattempo conosco molte persone, sia occidentali che lavorano nella grande capitale thailandese e sia thailandesi residenti. Le grandi e caotiche città non mi piacciono. Troppi rumori artificiali, smog, persone, tabelloni accesi che trasmettono pubblicità, persone che diventano zombie nella metro e nei negozi essendo troppo assorti dai messaggi del proprio smartphone. Grattacieli ed edifici che sembrano recintarti e dirti: qui hai tutto, non uscire, produci per la grande città, la distribuzione, spendi i tuoi soldi nelle attrazioni… Il tutto quasi celato da messaggi subliminali che la mente conscia fatica vedere. Mai ero rimasto così tanto tempo in una grande città e qualche volta mi sono addormentato camminando, anche io. Eppure qui ho incontrato due persone con cui ho instaurato una forte amicizia e  con cui ho potuto passare del tempo prezioso. Un uomo e una donna. Lui all’inizio di questo mio secondo viaggio in Thailandia e lei verso alla fine. Nel mezzo il tentativo di fuggire dalla città andando a sud per due settimane, nelle spiagge, ma trovando brutto tempo e molta pioggia. 




 La fuga da Bangkok verso sud, dopo due settimane di permanenza, mi porta a Phuket, nella spiaggia di Patong. Patong è famosa soprattutto per i Gogo Bars, locali di lap dance, spettacoli sexy dal vivo, lady boys e prostitute per la strada, la Bangla è la strada principale dove il mercato appena citato prende avvio alle prime luci artificiali della sera. 





Un giorno e mezzo a Patong sono stati sufficienti e quindi mi sono spostato a sud dell’isola di Phuket, nella punta, nella tranquilla Nai Harn beach, sotto consiglio di una ragazza thailandese conosciuta nell’ostello in cui alloggiavo a Bangkok. 


A proposito dell’ostello in cui ho alloggiato a Bangkok per più di un mese. Si chiama 1989 cafè & hostel, e mi sono sentito come a casa. Il gestore, un americano, è molto gentile e disponibile e grazie al suo invito ho potuto passare una giornata nella scuola per ciechi come volontario. Non ho fatto nulla di particolare quel giorno, se non parlare del più e del meno, in inglese, per fare fare pratica ai ragazzi che avevano già delle capacità per palarlo, e che volevano migliorarlo. Uno di quei ragazzi mi ha davvero sorpreso dopo avergli chiesto se conosceva i social networks. Non solo li conosceva ma anche riusciva ad interagire chiedendomi l'amicizia su Facebook con il suo smartphone usando un software che, con input sonori, gli permetteva di capire come accedere alle applicazioni, scrivere etc... usando il touch screen con le sue dita. Proprio come faccio io ma da vedente. Le sua capacità quelle di altri ragazzi ciechi mi hanno sorpreso. Tutti i ragazzi ciechi che ho visto e conosciuto quel giorno avevano qualcosa di speciale, erano sempre sorridenti e pieni di forza di volontà. Normalmente tendiamo ad essere pigri o ad imparare determinate cose sotto l’effetto del dovere o della paura. Ma quando è la cristallina volontà ad entrare in azione possiamo imparare a fare cose straordinarie. Che bello! 


Tornando alle spiagge.
Da Phuket, mi dirigo a 100 km nord, a Khao Lak. Il primo giorno ho potuto ammirare una spiaggia davvero suggestiva con grandi alberi dalla folta e larga chioma verde, sabbia bianca e il mare piatto. Nessuno in spiaggia visto la bassa stagione. Poi sono cominciati dei lunghi giorni di pioggia spesso intensa e quindi anche la mia reclusione ‘forzata’ nella stanza della guesthouse, aspettando che il tempo a sud cambiasse… Stanco del brutto tempo torno a Bangkok, il passaporto è pronto e posso fissare l’appuntamento per ritirarlo! 

                                                                       La foto non è di Khao Lak ma solo per rendere l'idea
 

Con il passaporto nuovo richiedo il visto turistico di un anno per l’Australia. Un visto turistico così lungo è un azzardo perchè mi vengono effettuati dei controlli per sapere quanto più possibile su chi sono e perchè vado in Australia. Vogliono sapere quanti soldi ho in banca, il mio itinerario, cosa farò dopo l’Australia, come penso di mantenermi e molte altre informazioni. Potrebbero richiedere visite mediche o interviste nell’ambasciata più vicina. Io tento, poi se mi bocciano proverò qualcos’altro! Oggi dopo tre settimane, la pratica per ottenere il visto è ancora in processo… Il visto thailandese è scaduto e quindi sono uscito verso la Malesia che intendo visitare un po’.

Nel frattempo, negli ultimi dieci giorni in Thailandia una ragazza italiana viaggiatrice è giunta a Bangkok e con lei ho passato questo periodo. Condividendo quello che siamo, pensiamo di essere o non essere, i nostri limiti e il nostro potenziale… Ne è nata una bella amicizia, di quelle solide, come successe con il ragazzo cileno i primi dieci giorni a Bangkok. Il suo arrivo è stato un tocca sana perchè mi stavo fossilizzando a Bangkok in attesa della scadenza del visto thailandese o dell’arrivo di quello australiano. Quindi visitiamo l’antica capitale Ayutthaya (Phra Nakhon Si Ayutthaya), a circa 80 km da Bangkok, una città che è stata fondata nell' anno 1350 nel cuore del Regno del Siam. Ayutthaya è stata una delle città più importanti del tempo con più di 1 milione di abitanti. Nel suo periodo di massimo splendore Ayutthaya aveva più di 1500 templi prima che buona parte di essi venissero distrutti dall'esercito birmano.




Un paio di giorni ad Ayuttaya sono più che sufficienti per visitare il sito in bicicletta sotto il caldo torrido e decidiamo di andare verso sud nell’isola di Koh Phangan famosa per i suoi party in spiaggia con la luna piena e mezza luna, ma di cui non sono interessato. Però le spiagge sono belle e quasi deserte visto la bassa stagione e soprattutto, questa volta, non piove come le settimane precedenti.
Koh Phangan è un isola a 700 km a sud di Bangkok, tante spiagge, ma c’è anche molta natura con delle cascate d’acqua che non ho visto, e nelle quali è stata girata una scena del film “The beach”. Affittare uno scooter è la soluzione migliore per girare l’isola e cambiare spiaggia ogni giorno. Ogni spiaggia dona alla vista un panorama del mare differente che cambia secondo la tipologia di fondo, l’altezza dell’acqua e l’intensità della luce del sole che da colorazioni diverse alla superficie del mare. Questa è uno dei miei passatempi preferiti davanti al mare insieme al suono che diffonde nell’aria sbattendo nella costa. 


Scadono i miei due mesi di permanenza in Thailandia, è ora di muoversi ancora, ancora verso est. Malesia… in attesa del visto per l’Australia. 


Dove può portarmi un viaggio così lungo? Non ne ho idea. Se penso al futuro vedo l’ignoto. Non c’è sicurezza economica, di salute, di rivedere famiglia  e vecchi amici. Eppure anche in questo stato mi sento a casa. Non avere idea di come sarà tra una settimana, domani o tra un paio d’ore. Nemmeno usando consapevolmente l’immaginazione, tali possono essere gli avvenimenti imprevisti in questo perenne movimento dell’essere.  Essere perso senza essere perso, perchè mi sento comunque a casa. Questo è uno stadio che volevo raggiungere e assaporare nelle sue possibili sfumature, a costo di dovere rivisitare i miei vecchi abissi che una volta mi spaventavano, ma che ora sembrano farmi sorridere. C’è ancora molto da sperimentare e paure da mettere alla prova. Non rimane che arrendersi al flusso e continuare a guarire per godere. 



mercoledì 25 maggio 2016

Cambogia/Thailandia: Quello che non mi aspetto dal viaggio prima o poi arriva

Dal Vietnam mi sono mosso in Cambogia, a fine febbraio 2016, senza alcuna aspettativa e idee precise su come muovermi. Come nel Laos ho considerato la Cambogia solo una terra di passaggio. In questo caso verso Bangkok, in Thailandia, per sostituire il mio passaporto che non aveva più pagine disponibili per i visti. Avevo comunque chiesto informazioni ad una amica, mentre ero appena entrato in Vietnam, riguardo la possibilità di fare volontariato in una organizzazione in Cambogia che supporta bambini che hanno problemi famigliari di vario genere, in cui lei aveva prestato servizio. La risposta, dopo un po’ di tempo, giunge inaspettatamente al mio ingresso in Cambogia e, nel giro di qualche giorno riesco ad accordarmi per prestare servizio nello stessa organizzazione. Il mio viaggio in Cambogia aveva preso una piega imprevedibile, e una nuova esperienza si prestava ad arrivare.
Prima di dirigermi a Battambang dove si trova l’organizzazione che sostiene i bambini mi dirigo a Siem Reap, una città cambogiana trasformata in città occidentale per permettere il fluire dei milioni di turisti che ogni anno giungono. Tutto questo turismo è dovuto ad uno dei più grandi siti archeologici del mondo, Angkor. Angkor è il sito archeologico più importante della Cambogia ed uno dei più importanti del sud-est asiatico. Nel periodo compreso fra il IX ed il XV secolo ospitò la capitale dell'impero Khmer, di cui fu il centro religioso e politico. 
I giorni a Siem Reap sono stati segnati dal caldo torrido ma soprattutto dal tentativo, ben riuscito ai miei occhi, di fare un breve video-documentario su Angkor Wat, il tempio religioso più grande del mondo e che si trova nel sito di Angkor. 



Il centro in cui ho prestato volontariato a Battambang sostiene circa 25 ragazzi. E’ stata la mia prima esperienza e mi sono anche divertito molto a svolgere le mie mansioni. 45 giorni a contatto con i ragazzi, portandoli a scuola con il tuk tuk, giocare con loro, lasciarmi piacevolmente prendere in giro. Nonostante ci fossero delle difficoltà nella comunicazione verbale, visto che io non parlo Khmer e loro non parlano molto l'inglese, la comunicazione e il senso delle cose non sono quasi mai venute meno. E’ stato interessante osservare il loro modo di interpretare la vita: semplicemente, selvaggiamente, senza tanti piagnistei. Ho potuto imparare anche da loro, dai miei piccoli maestri. Ho pubblicato un video in cui narro brevemente la mia esperienza. 
Video Hope of children (HOC) https://www.facebook.com/attraversandocasa/videos
Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=0MZATPjsyOo





La mia esperienza come volontariato è durata 45 giorni, dopodichè sono dovuto uscire perchè il visto era scaduto e non potevo rinnovarlo a causa del passaporto con pagine esaurite per i visti; in particolare per gli adesivi che coprono una pagina intera del passaporto. 
E’ fine Aprile e la direzione è Bangkok, in Thailandia, per richiedere un nuovo passaporto tramite l’ambasciata italiana a Bangkok. Tempi previsti 30/40 giorni, dipende dall’Italia. Sto ancora aspettando. Nel frattempo ho conosciuto un ragazzo cileno.  Siamo arrivati lo stesso giorno a Bangkok, nello stesso ostello, nella stessa stanza. Siamo stati 10 giorni assieme e siamo diventati come fratelli. Facendo tesoro delle diversitá e celebrazione delle similitudini. Lui aveva delle cose da consegnarmi e io ne avevo per lui, altre cose le abbiamo create insieme. Poi ognuno è andato per la sua strada. L 'amore é sempre li, pronto ad entrare in scena ogni volta che gliene dai la possibilità, non ha né spazio e né tempo.



Ora sto girando un po’ la Thailandia in attesa del nuovo passaporto. Poi, come sempre fino ad ora, andrò verso est. Occhi puntati sull’Australia, ma vedremo :-)

domenica 15 maggio 2016

Hope of children (Cambodia)

La mia esperienza in Cambogia apparentemente sembrava solo un passaggio veloce dal Vietnam verso la Thailandia. Invece sono stato 45 giorni a Battambang in una organizzazione locale che aiuta i bambini con problemi famigliari, come volontario. Una esperienza tra le più importanti di questo lungo viaggio in Asia. Io sono andato ad aiutare loro, come meglio potevo, loro hanno aiutato me, ad aprirmi un po' di più alle cose semplici della vita, quelle che secondo me sono le più importanti!
NB: è possibile che a causa del copyright sulla musica non si veda il video su alcuni dispositivi.




venerdì 18 marzo 2016

Nel regno di Angkor (Cambogia)

Tra miti e realtà il video parla del regno di Angkor e il tempio più grande del mondo, Angkor Wat. Dalla descrizione basilare del tempio fino all'entrata nella casa degli dei. E per finire la visione di alcuni basso-rilievi che raccontano epocali eventi.


martedì 8 marzo 2016

Vietnam, beaches and caffee (video)


Ancora in motocicletta, dal nord del Vietnam mi sposto verso sud, nelle spiagge. Da Nha Trang, centro balneare più conosciuto in Vietnam fino alle dune di sabbia di Mui nè. E poi... il caffè vietnamita con la sua singolare procedura


martedì 1 marzo 2016

Vietnam. Un viaggio in motocicletta divertente quanto introspettivo

Di questo mio viaggio in Asia una cosa che non volevo perdermi era il Vietnam, ed il passaggio in Laos, per quanto mi abbia sorpreso in bellezze naturali, era servito solo ad arrivare qui, in Vietnam; per comprendere di persona gli effetti delle guerre che ha afflitto questo popolo nel secolo scorso, per vedere i volti delle persone anziane e dei bambini. 
Tutto questo è passato in secondo piano ma non escluso. Infatti, l’ingresso in Vietnam con una truppa di nuovi amici incontrati in Laos ha creato le condizioni perchè mi decidessi di comperare una motocicletta e girare tutto il Vietnam con quel mezzo. Qui in Vietnam è abbastanza usuale tra gli occidentali comperare una moto a basso costo, girare il paese, e poi rivendere la moto. Ci sono dei rischi comunque: se fai un incidente con una persona locale la colpa sarà in ogni caso tua e non ci sono assicurazioni obbligatorie che garantiscano. La compravendita avviene praticamente con una stretta di mano: si paga e si riceve la “blue card" che attesta la proprietà della moto, ma solo perchè hai la card nel portafoglio e non perchè c’è scritto il tuo nome… Infatti non si firma nessun contratto di proprietà nella compravendita delle moto. Bisogna stare molto attenti a non fare incidenti!

Compero la motocicletta ad Hanoi assieme ad un ragazzo francese, Theo, che mi accompagnerà per alcuni giorni a nord in questo viaggio. Uscire da Hanoi in motocicletta, senza esperienze precedenti con quel genere di moto a 4 marce e quel traffico intenso e senza regole, potrebbe mettere un po’ di tensione, ma ce la facciamo ad uscire indenni, anche se con qualche lieve difficoltà…
Il tempo umido e le temperature rigide ci hanno accompagnato per tutto il periodo che io e Theo siamo rimasti assieme… 



Direzione Bac Son valley. Un luogo di cui ho sentito parlare come essere meraviglioso e silenzioso.
Tutto bene per strada, viaggiare in moto mi piace un sacco. La visuale rispetto a viaggiare con gli altri mezzi pubblici è diversa e soprattutto posso decidere di fermarmi quando voglio per mangiare, scattare una foto, sgranchirmi le gambe! Ma anche la moto prende delle decisioni, a mia insaputa! A 7 chilometri dall’arrivo nella Bac Son valley si spegne il motore in corsa. E adesso? Spingo finchè non trovo un meccanico. Il fato ha voluto che in quell’area quasi disabitata trovassi un meccanico a cento metri di distanza. Ottimo! Qualcosa mi assiste e mi avverte di come potrebbe essere il viaggio ma accetto qualunque cosa sia. 
Mentre attendo la riparazione ho il piacere di fare conoscenza con dei bimbi vietnamiti, figli e amici dei figli del meccanico. Non sono affatto timidi, sono curiosi e socievoli. Giocano con quello che hanno attorno: pezzi di legno, pezzi di plastica circolari. O tra di loro stessi, con le mani. E quando gli tolgo dalle mani il mio telefono o la mini videocamera che gli ho prestato per giocare per un po’ non fanno una piega. Nessun piagnisteo.



Per vedere l’intera Bac Son valley bisogna scalare un ripido monte dove c’è una grande antenna per le telecomunicazioni. Una volta arrivati, un cane “isterico” abbaia per avvisare il suo padrone che ci sono ospiti sulla cima. Infatti c’è una abitazione nella cima e un tizio che funge da guardiano. Mi faccio prestare una scala. O meglio la affitto, visto che il guardiano ha voluto una mancia per consegnarmela, per andare nel punto più alto di quella cima e vedere l’intera vallata. Che spettacolo!
Un po’ mi ero già suggestionato prima di arrivarci visto il desiderio di vederla di persona. Ma anche ora, a mente fredda, ripensando alla forma piramidale dei monti, alla singolare geometria di come erano posizionati, i colori della terra, dei campi, la disposizione delle poche abitazioni e il fiume che la attraversa, il vento… Penso: "che meraviglia". Tratto dal diario di viaggio: “C’è un vento gelido che taglia la pelle, qui sopra, ma guardo la valle ambo i lati e vedo una meraviglia. Mi sembra di essere dentro un tempio fatto dalla natura con la sua pratica nel tempo; dove il movimento dei rami degli alberi e lo strusciare delle foglie, dettati dal vento, da voce a questa entità pura e cristallina. Si mette in mostra, e dispensa semplice saggezza a chi vuole vedere e ascoltare. Poi il silenzio… l’unione, e per un po’ nessuna chiacchiera della fallace mente. Ecco, non c’è nulla di più vero che poteva succedermi ora. E mi sento fortunato di essere qui, di esserci riuscito.”



I giorni successivi alla scoperta della Bac Son valley sono quelli del capodanno vietnamita, il Tết Nguyên Ðán, o più semplicemente Tết. E' un termine sino-vietnamita, cioè’ una parola vietnamita di origine cinese, che significa letteralmente l’inizio di un periodo meteorologico o di una stagione. Non do molta importanza al fatto, comunque, e mi dirigo a nord, verso il Ba Bè National Park e alloggio in una home stay locale, ovvero in una famiglia, per una cifra irrisoria. L’indomani del mio arrivo è proprio il primo giorno dell’anno e, inaspettatamente, vengo invitato assieme a Theo dalla famiglia che ci ospita, per la colazione, a base di cereali, vegetali e carne. Ma più che una colazione sembrava una gran pranzo. Solitamente sono vegetariano da qualche anno, ma durante questo viaggio ho accettato quanto arrivava, senza sensi di colpa, carne compresa. Specie in quelle zone della terra in cui sono passato, dove trovare proteine vegetali è impossibile o non è affatto pratico come ad esempio a 4000/5000 metri nel Tibet dove la fonte di nutrimento principale nei piccoli villaggi è lo Yak con la sua carne e il suo latte…
Si comincia da subito con un brindisi. Un bicchierino di un estratto alcolico dal riso. Il padre famiglia è felice e versa, mentre io devo ancora capire cosa succede. Mi sono appena svegliato e mi bastava un caffè-latte vietnamita per poi andare a camminare nei boschi… Bere alcol di prima mattina mi rovescia lo stomaco ma ok, oggi è festa, che vuoi che sia un bicchierino. Uno, due, tre… Olè! Per fortuna non mi causa chissà quali problemi allo stomaco! Fino a tardi pomeriggio la festa continua anche a casa di amici della famiglia che mi ospita, tutti insieme; bimbi, madri, padri, nonni e parenti… In mezzo l’immancabile Karaoke a cui partecipo, e che qui, nel sud-est asiatico, va tanto di moda!



Non posso fermarmi troppo tempo nel Ba Bè National park, mi rimangono solo 20 giorni di durata del visto e devo percorre almeno 2000 chilometri in moto prima di arrivare a Saigon, nel sud del Vietnam, per rivendere la moto e uscire dal paese.
Questa decisione segna anche la fine del mio viaggio assieme a Theo il quale, avendo esteso il visto di un mese per altri dieci giorni, può prosegue verso Sapa a nord ovest e poi scendere verso sud con tranquillità.
Io invece decido di proseguire verso Ha Long bay facendo uno stop di una notte a Lang Son che è una città a nord-est del Vietnam vicino il confine cinese. 
Per i miei spostamenti non uso una mappa cartacea ma uso le mappe digitali del telefono che funzionano sempre grazie alla tariffa internet illimitato e che qui in Vietnam funziona ovunque. Questa volta però la mappa digitale di google mi porta a campi. Strade non asfaltate e sentieri, passando in mezzo a piccoli villaggi, dove sembra che gli abitanti non abbiano mai visto un occidentale in motocicletta e con la telecamera appesa in cima al casco. Infatti un signore, uscendo dalla porta di una casetta di legno e vedendomi all’improvviso passare in moto è fuggito dentro casa! Ma ci sono anche i ragazzini in strada che vorrebbero che mi fermassi, tanta è la curiosità.
Ad un certo punto, mentre sono in mezzo le montagne, la mappa mi segna una svolta a destra. Osservo ma vedo solo la parete di una montagna. Cazzo! E adesso? Devo trovare un’altra strada, il che comporta di tornare indietro per almeno 50 chilometri su strade di campi… Bello il panorama si, ma che palle. Inoltre questo genere di strade ha creato altri problemi alla moto. Marce che si bloccano bulloni che si allentano… Comunque non ho alternative e torno indietro. E per arrivare ad Ha Long bay cambio stop notturno; anziché Lang Son torno ad Hanoi, la città dove ho comperato la moto. 
Il giorno successivo arrivo nel pomeriggio ad Ha Long bay (la baia di Ha Long) uno dei luoghi considerati, all’unanimità, più belli sulla faccia della Terra. Ha Long Bay è un'insenatura situata nel golfo del Tonchino e comprende circa 2000 isolette calcaree con numerose grotte carsiche. In lingua vietnamita il termine "Hạ Long" significa "dove il drago scende in mare”. Questo significato nasce da una leggenda in cui si narra che molti anni fa i vietnamiti stavano combattendo gli invasori cinesi; gli dei mandarono una famiglia di dragoni per aiutarli. Questi dragoni iniziarono a sputare gioielli che si trasformarono nelle isole ed isolotti che punteggiano la baia, unendoli poi per formare una muraglia contro gli invasori. Le persone salvarono la propria terra e la trasformarono in quello che poi sarebbe diventato il Vietnam. Il luogo in cui atterrò il dragone madre venne chiamato Hạ Long. Dal 1994 è un patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Girare la costa della baia in moto è una esperienza entusiasmante. Si può ammirare l’intera baia dalla cima di alcune montagne o dalla costa. Ma l’esperienza che davvero affascina è girare la baia in nave e attraccare su qualche isola dove ci sono anche le grotte. 
Dal diario di viaggio: “Mi dirigo nella prima caverna remando, non so cosa aspettarmi dopo l’entrata da quell’arco che vedo da distante e che sembra scavato nella roccia. Intraprendo un breve tunnel e poi si apre la meraviglia. Una immensa piscina recintata da pareti rocciose alte almeno una cinquantina di metri. L’acqua è bassa, piatta e trasparente. C’è solo un’altra barchetta assieme alla mia; vi sono tre bimbe sopra e si sente l’eco di quando parlano. Un po’ mi spiace non avere la video camera con me ma non ci penso troppo e mi rilasso, poso il remo e lascio andare il kayak dove vuole per qualche minuto… Ancora mi immagino qui, quando non esistevano navi a motore ed il turismo… Mi immagino qui con le persone care e che amo ad ascoltare queste alte pareti  quando rimbalza l’eco, a fare il bagno nudi senza vergogna o a fare l’amore come viene."
Sempre dal diario di viaggio:
"Il ritorno al porto è un viaggio che non si dimentica. E’ il tramonto, e la luce del sole fa i suoi giochi tra le pareti degli isolotti e i riflessi nell’acqua… Mi incanta. Sono sempre nel piano dove c’è la cabina del capitano, è il posto migliore della nave per vedere il panorama. Noto che c’è anche una ragazza altissima con capelli corti e occhiali da vista che guarda il tramonto e si siede ad un paio di metri da me, sul pavimento. Ci guardiamo in faccia e ci diciamo che quanto stiamo vedendo ora è fantastico. Poco dopo, ad un certo punto, mentre la nave passa davanti ad una serie di piccole isole, la ragazza si toglie gli occhiali, fa un bel sorriso e si fa un autoscatto con il telefono. Poi, sempre con quel sorriso continua a guardare il tramonto e le isole che ha difronte. Quanto ho appena visto mi lascia per un attimo sedotto, racchiude in un breve momento la gioia di vivere, e lei ora è stata l’interprete perfetto. Mi ha donato un senso di bellezza straordinario e di amore nei confronti di questo tramonto, delle isole di Ha Long bay e di questa ragazza che mi sembra di conoscere da sempre, e che probabilmente non rivedrò mai più… Grazie.”



Dopo l’esperienza ad Ha Long bay il viaggio diventa una corsa lungo la costa per arrivare nelle spiagge a sud e come meta finale Saigon, ora chiamata Ho Chi Minh come il presidente del Vietnam dal 1954 al 1969.
Il tempo è piovoso in questi giorni, e spesso l’acqua me la prendo tutta! In questi giorni di viaggio lungo il Vietnam centrale mi sposto in motocicletta ogni giorno, e ogni giorno ho bisogno di assistenza dal meccanico: bulloni che si allentano, saldature del portapacchi che si crepano e perdita di olio dal motore. Comunque, ad eccezione dell’arrivo nella Bac Son valley la moto non mi ha lasciato più a piedi. 
C’è solo un luogo che voglio visitare e che necessita di uno stop di almeno un giorno intero prima di arrivare a sud ed è la caverna Son Dong. È situata nel parco nazionale di Phong Nha-Ke Bang. Scoperta da un uomo del posto nel 1991, è stata studiata da un gruppo di esploratori britannici. È la più grande caverna del mondo. E’ situata vicino al confine con il Laos. La caverna, che fa parte di una rete di 150 grotte, è lunga circa 9 chilometri. Alcuni passaggi raggiungono dimensioni eccezionali: 250 metri di altezza e oltre 200 di larghezza. 
Purtroppo, facendo delle ricerche con una ragazza colombiana conosciuta in ostello a Dong Hoi, una città nei pressi del parco nazionale Phong Nha, scopro che per entrare nella caverna serve prenotarsi almeno una settimana in anticipo, tramite una specifica agenzia, e pagare una cifra che varia dai 3000 ai 4000 dollari per un tour di alcuni giorni al suo interno… Una cifra che non posso assolutamente permettermi e che, in ogni caso, mi sembra eccessiva; considerando che la Terra non è di certo proprietà della razza umana, se non nella sola immaginazione…



Da Dong Hoi la tappa successiva è stata Huè, la vecchia capitale dal 1802 al 1945, sotto la pioggia e mi sono inzuppato pantaloni e scarpe che ho asciugato con il ventilotare. 
Poi verso Nha Trang che è considerata la città principale per quanto riguarda le spiagge in Vietnam. E' una città tenuta bene, pulita e ordinata ma anche caotica. Ho dormito in un hotel dove in una stanza tengono delle capsule, così si chiamano, che altro non sono dei contenitori lunghi due metri larghi uno con aria condizionata all’interno, televisore e prese di tutti i generi per i vari degli apparecchi elettrici. Credo che le fabbrichino ad Hong Kong.
A Nha Trang rimango due notti e la mattina del giorno dello spostamento in moto verso una nuova città decido di svegliarmi presto per vedere l’alba sul mare visto che è proprio a est dove sorge il sole. La sorpresa non è stata l’alba ma la vita che già c’era in città alle sei del mattino nel lungo mare. Moltissime persone locali facevano esercizi, sia donne che uomini di tutte le età. Oppure si giocava al badminton, uno sport con la racchetta che in Italia è più conosciuto come il volano. Beh, che bella sorpresa vedere pulsare di vita vera una città a quell’ora!



Da Nha Trang verso Mui Né.
Mui Nè è famosa per le sue dune di sabbia rossa e bianca e per me sarà famosa anche per l’affollamento di russi che c’era. Le dune bianche sono larghe abbastanza da perdere lo sguardo all’orizzonte e pensare di essere in un deserto grande tanto quello del Mali in Africa. Ma il business dell’uomo non trova confini e qui si sfrutta la situazione per affittare i Quod (fuoristrada ma molto più piccoli) ai turisti. Il tutto crea un inquinamento acustico e soprattutto la tossicità rilasciata dagli scarichi dei Quod nell’aria che mi toglievano il fiato! 



Nella spiaggia, invece, decine e decine di persone si dilettano nello kitesurf  visto il forte vento che si alza nel pomeriggio. Non avevo mai osservato questo sport prima di allora. Ma vedere quelle persone che volavano in aria, con la tavola appiccicata nei piedi, dava l’adrenalina anche a me e la tentazione di provare, visto che in spiaggia ci sono gli istruttori che ti insegnano, era forte. Ma non era il momento.



Nel frattempo la moto sta cadendo a pezzi ed ho dovuto legare il parafango dietro dove è appeso il fanale e la targa con delle corde. Non da meno è il portapacchi dove metto lo zaino, anche’esso legato con le corde visto che alcune saldature sono cedute. La moto vibra troppo e ogni giorno qualcosa cede. Se non è un pezzo che si rompe è un bullone che si allenta… Ma Saigon è vicina…
Saigon racchiude in se lo scopo iniziale del mio viaggio in Vietnam, quando decisi di venirci mentre ero ancora in Thailandia, a studiare massaggio, in dicembre. Vedere con i miei occhi ciò che è rimasto della guerra americana in Vietnam del 1960-1975 e vedere i musei che parlano di quel conflitto. I tunnel sotterranei costruiti par scappare e nascondersi, il comportamento dei vietnamiti con le persone con tratti somatici occidentali come i miei. Quella guerra è finita da 40 anni ma sono quel genere di avvenimenti che un popolo non dimentica tanto in fretta.
L’accoglienza che ho avuto al mio arrivo in Vietnam da parte delle persone, gentili e disponibili, ha immediatamente creato una sintonia particolare. Forse perchè sono entrato in punta di piedi come segno di rispetto, come mai avevo fatto prima in questo viaggio in Asia. O semplicemente perchè dovevo sentirmi subito a mio agio per comperare la moto e ammirare da una sella i meravigliosi panorami che questo paese ha da offrire. I bambini e i ragazzini sono stati senza dubbio i più curiosi nel volere conoscermi, come un po’ tutti i bambini del mondo. Ma nei bimbi vietnamiti ho visto una luce, una semplicità  e una curiosità di sapere e scoprire che mi fatto un sacco piacere. Quanti saluti passando in modo o a piedi, un po' da tutti. E non ho mai ricevuto resistenze per avere una informazione o per sistemare la moto perché mi serviva una chiave inglese specifica, per fissare il bullone allentato di turno quando il meccanico non era a portata di mano.
Mi è stato negato solo una volta il cibo in luogo non turistico, in una locanda tipica, da una signora.  E non ho capito se era perchè non voleva avere difficoltà con la comprensione delle lingue o se a priori era diffidente delle persone con la pelle e gli occhi chiari come i miei. Ma c’è stata anche una furbata colossale da parte, sempre di una signora, al distributore di benzina a Mui Nè. La quale si è messa a farmi il pieno come da me richiesto senza azzerare il contatore dopo la fornitura precedente ad un’altra motocicletta. Ne è venuto fuori il doppio da pagare. Inutile farla ragionare con la logica che su un serbatoio da cinque litri non possono starcene 10. Che gran furbata...

Arrivo a Saigon (Ho Chi Minh) e per la vendita della moto mi accontento di 180 dollari, 60 in meno di quanto l’ho pagata. La moto era a pezzi ma mi ha lasciato a piedi solo una volta a 100 metri dal meccanico. Tutto sommato questa esperienza in moto è andata discretamente sotto il profilo dell’affidabilità. Bene per gli stati d'animo che ho vissuto in ogni situazione.
Prima di vendere la moto ne ho approfittato per visitare il Cu Chi tunnel che è una vasta rete sotterranea di gallerie, che si trova fuori dalla città di Saigon. 
I tunnel vennero usati negli anni quaranta, dai guerriglieri Viet Minh, durante la guerra contro le forze francesi e durante gli anni sessanta e settanta dai Viet Cong, che combattevano contro le forze del Vietnam del Sud e degli Stati Uniti, durante la guerra americana nel Vietnam.
Questi tunnel hanno avuto un ruolo strategico fondamentale nel mantenere la guerra di sfinimento contro gli Stati Uniti, che proprio a Cu Chi avevano una delle basi più grandi. 
Camminando nei tunnel si potrebbe soffrire di claustrofobia ed infatti la ragazza che era nel mio gruppo si è rifiutata di entrare in uno dei tunnel proprio per questo. Sono bassi e stretti, giusti per il passaggio di persone dalla stazza vietnamita. La lunghezza si estende per oltre 250 chilometri e all’interno vi vivevano migliaia e migliaia di persone. Davvero impressionante e angosciante se penso a come vivevano quelle persone a causa della guerra.



Anche il museo della guerra ( War Remnants Museum) in Saigon mi ha colpito. Non tanto per i mezzi americani da guerra e le armi che erano in esposizione ma per la ricostruzione con immagini, dipinti e fotografie dell’epoca che tappezzavano le pareti delle varie sale. Dalla ricostruzione di come venivano torturate le persone e imprigionate, agli effetti della diossina nelle bombe sui corpi dei soldati e dei bambini nati successivamente in quelle zone rimaste a lungo tossiche. Almeno un paio di volte mi sono emozionato e commosso nel vedere la didascalie di immagini che evocavano l’abominio delle guerre che, tutt’oggi, nel 2016, non risparmiano il mondo. 







Dall’Africa al medio oriente, con il coinvolgimento dell’occidente, la mattanza di innocenti non ha tregua. Oggi come allora e da secoli e secoli la guerra del mondo, degli umani, non cessa. Ci si è abituati e condizionati talmente tanto che non fa più scalpore a meno che non scoppi una bomba in uno dei paesi considerati occidentali. Allora si, sotto una massiccia guida mediatica ci si indigna; per dare un tacito assenso ad una nuova guerra, o incrementare una già in corso, il cui scopo finale, come sempre, è stato ed è l’ accaparrarsi di risorse… 
Il filo conduttore di tutto questo è l’ignoranza, sia dei governanti e sia dei popoli, perché nulla di tutto ciò può creare un reale benessere interiore. La serenità, la felicità, l’entusiasmo che durano a lungo. 
Questi giorni passati a Saigon, con la complicità di tutto il viaggio in Vietnam in moto, mi hanno fatto riflettere sulle società attuali mondiali; sulla crisi che stiamo affrontando, non avendo punti riferimento e dei valori stabili. E’ una competizione senza fine, mascherata malamente da umile altruismo… Siamo miliardi di menti allo sbando, ingabbiate, e che raramente aprono gli occhi per vedere davvero la “luce del sole” e scoprire i “misteri della luna”… Si guarda sempre all'esterno, incolpando gli altri.



Ma la vera battaglia si svolge sempre nella propria mente, nella propria coscienza.
Dal diario di viaggio: “La mente umana è qualcosa di eccezionalmente unica come capacitá di adattamento, apprendimento e anche condizionamento. Ma sono anche capacitá che messe tutte assieme portano all'auto ipnosi graduale: "apprendo il condizionamento e mi adatto". Così si formano i servi infelici, anche. 
Nella mente vi si può instillare qualsiasi cosa e spacciarla per giusta, evoluta, moderna e utile a tutti, oppure il suo contrario. La maggior parte della popolazione mondiale, indipendentemente dalla religione e cultura, ha insufficienti conoscenze del funzionamento della propria mente profonda che è quella che domina la maggior parte delle nostre decisioni. Ma davanti ai meccanismi della Natura, osservando come fluisce la vita che ci circonda e come fluisce al nostro interno, non si può mentire o raccontarsi troppe storie. Ci sono delle leggi incontrovertibili che creano e altre che distruggono, altre che mantengono l'equilibrio. Si può far finta di niente, per convenienza sociale, per paura, o perchè è la nuova moda lanciata da chissá chi... E presi dalla isteria di massa, che per un motivo o per l'altro non cessa un solo giorno, un esempio demenziale può sembrare fico, trendy, fashion, mentre qualcosa di davvero importante diventa irrilevante. Come Pinocchio nel paese dei balocchi. Poi però... Che sofferenza! 
Questa societá "moderna", che con slogan, citazioni e promesse, trasforma solo a parole il piombo in oro, vende il suo business sotto forma di sani principi o di giuste battaglie: contro o a favore di chi o cosa raramente è chiaro. E tutti partecipano, chi più chi meno, a questo squallido (vista la sofferenza e l'insoddisfazione che c'è) party secolare. Infatti, noi siamo la società. Tutti vogliono ardentemente o hanno voluto almeno una briciola dell'ultima e più gustosa fantomatica torta. Impossibile dire se è giusto o sbagliato, ma è davvero ciò che volevamo ? È davvero la nostra direzione o è solo la paura di qualcosa a guidarci nell'autostrada delle illusorie promesse...? 
Tutti, prima o poi, si destano almeno per un attimo, sentendo come una fiammella accesa dentro se stessi e vogliono ribellarsi. Vorrebbero cambiare ma la maggior parte delle persone rimanda a domani e poi dopodomani entrando in un turbinio di se e ma, finendo per non cominciare nulla di concreto per il proprio reale benessere; magari illudendo gli altri e se stessi di essere sulla strada giusta, per consolazione, non avendo ancora avuto sufficiente forza di volontà e umiltà. Mentendosi per il resto della propria vita. 
L'entusiasmo e la serenità che messe assieme danno vita alla gioia di vivere non si comprano in negozio, e nessuno può prestarcele, anche se in giro c'è un grande spaccio di “falsa felicità” con la quale si illudono le persone di essere nella giusta via per la realizzazione personale, o di essere tra le braccia della grazia divina facendo opere e doni materiali. Oppure ci si illude che il benessere interiore derivi solo dal prodotto interno lordo di una nazione, le quotazioni in borsa, lo sconto nel viaggio/vacanze, l'ultima trovata in fatto di tecnologia, l'acquisizione di un diploma o di una certificazione. 
Il benessere interiore non può apparire all'improvviso e rimanere a piacere secondo la propria immaginazione. Va coltivato istante dopo istante senza interruzioni e con pazienza, tutta la vita. Senza temere di andare controcorrente e ricevere critiche, senza vantarsene, perché solo con così tanta premura nasce quell'amore che può permetterci di sentirci fieri per come siamo, senza sensi di colpa e vergogna. E non per come vorrebbero mister X o miss Y, il dio alfa, l'alieno beta, lo slogan dell'ultimo grido alla Tv o nel social network.
Osservare e lasciare andare tutto ciò che è inutile, e quando si è vuoti, leggeri, c'è spazio per mettere il nuovo e più consapevolezza di come non ricaricare roba vecchia e pesante...
Così possiamo anche ridere di noi stessi, di quanto in realtà, siamo armoniosamente semplici e buffi senza tutte quelle sovrastrutture. Anche soli e sperduti nel più esteso deserto, dove tutto tace e più nessuno è al nostro fianco a darci la pacca sulla spalla, potremmo ridere.
Benessere è anche diventare felici o tristi perché siamo davvero felici o tristi, e non perché ci hanno detto, o abbiamo letto per conto nostro, come imitare un modello di felicitá o tristezza.
Godiamoci quel che siamo davvero, qualunque cosa sia in quel dato momento, perché tutta questa storia, la vita qui, finisce in fretta... Quando sarà l'ora di andarsene da questo mondo, voglio ringraziarmi di cuore di come ho vissuto per avere espresso me stesso, e non commiserarmi di quanta paura ho avuto, magari additando gli altri per le mie mancanze.”


lunedì 22 febbraio 2016

Vietnam del nord in motocicletta (video)

Compero una moto (scassata) ad Hanoi e giro il nord del Vietnam. Da Hanoi vado nella meravigliosa Bac Son valley, passando per il Ba Bè National Park dove festeggio il capodanno vietnamita con una famiglia locale e poi fino ad Ha Long bay per vedere un mare di isole...


domenica 31 gennaio 2016

Intervista per Ornitorinko.com

L'ultima intervista, per Ornotorinko.com rilasciata circa due mesi fa: Clicca nell'indirizzo sotto.

http://www.ornitorinko.com/2016/01/31/diego-ho-sconfitto-le-mie-paure-e-ora-viaggio-in-giro-per-il-mondo-in-solitaria/

Cronache dal Laos

Cronache dal diario di viaggio del Laos

Ed eccomi nel Laos. Dopo un lungo viaggio in bus da Chiang Mai, in cui vi ero stato due mesi per imparare il massaggio thailandese, arrivo a Vientiane capitale del Laos. Il vero motivo per cui sono a Vientiane è per fare il visto di 30 giorni per il Vietnam una meta che non voglio mancare. Da quanto ho letto precedentemente non c’è nulla di interessante a Vientiane, eppure questa aria nuova mi rigenera. Sarà il fatto che mi rimetto a viaggiare dopo molto tempo, o che non ho alcuna aspettativa riguardo il mio passaggio attraverso il Laos, ma questa nuova terra mi da fin da subito buoni stimoli ed è simpatia al primo impatto. Al primo tuk tuk (mezzo di trasporto economico) che prendo, passato il confine, per dirigermi verso la capitale incontro AD, ragazzo indiano simpaticissimo che però decide di saltare Vientiane e di dirigersi a Vang Vieng, una cittadina 200 km a nord di Vientiane. Il tempo di scambiarci il contatto per risentirci in futuro e vai con i saluti e gli arrivederci. 

Il mio arrivo nel Laos a Vientiane coincide anche con il ritorno ad alloggiare in ostello. L’ultima volta fù a Kashgar in Cina nell’ottobre 2014. L’ostello è una soluzione tra le più economiche per pernottare, non molto confortevole, ma è anche il luogo adatto per fare conoscenza con altri viaggiatori, spesso provenienti da ogni dove.
Oggi è facile trovare un posto libero in ostello grazie alla possibilità di prenotare a costo zero tramite internet tra uno dei molti web-site dedicati. Così ho fatto, scegliendo ad occhi chiusi un ostello tra i più economici, 5 euro a notte. 
La prima cosa cosa che mi è saltata agli occhi entrando nella stanza da 20 metri quadri sono stati gli otto letti a castello, quindi sedici posti in tutto. Poi noto il condizionatore e due ventilatori appesi al soffitto, attivi, e che girano attorno su se stessi. Finestra chiusa per le zanzare e luce artificiale. Mi viene assegnato un posto a terra e questo rende felice la mia cervicale che si sente riparata dalle ventole, e in parte dall’aria condizionata, grazie al letto sopra che funge da tetto della mia nuova casa immaginaria. Sono le 10,30 di mattina ed io arrivo da un lungo viaggio notturno da Chiang Mai in Thailandia. Sono stanco e vedendo alcune persone ancora appisolate prendo ispirazione e mi butto nel mio fantastico letto. Crash! Questo è stato l’impatto del corpo sul materasso, e mi vengono in mente i materassi degli alloggi in India duri come il cemento. Non importa, sono certo che mi abituerò come è stato in India, e in un baleno prenderò sonno. 
Tra le varie peculiarità del non avere la stanza privata c’è il continuo via-vai di persone che entrano ed escono dalla stanza. C’è chi viene a  prendere qualcosa dal proprio box privato sotto il letto, dove di solito si mettono i propri bagagli. Chi si taglia le unghie, chi chiacchiera sotto voce. C’è chi entra per caricare la batteria del telefono o del computer e chi come me scrive nel pc portatile e fa rumore con il battito dei polpastrelli nella tastiera. C’è chi esce dalla stanza a farsi gli affari propri chissà dove. Poi ci sono quelli che entrano per vedere se la stanza è di loro gradimento, per decidere se fermarsi a dormire oppure no e anche questa è una buona occasione per fare due chiacchiere con un tizio/a che potrebbe essere chiunque e che viene da dovunque. In tutto questo via-vai di persone c’è un fattore fondamentale che è la porta di entrata della stanza che mentre viene chiusa e aperta raschia troppo il muro e crea una vibrazione che sembra l’urlo di Ciubecca di Star Wars, specie se viene aperta e chiusa lentamente, magari di notte!
Ed è proprio di notte che si raggiunge il top degli avvenimenti visto che non c’è il coprifuoco per rientrare, e ci sono fino a sedici teste nella stanza; ognuna che ragiona per conto suo. Ecco il magico momento in cui stai prendendo sonno e tutto funziona a meraviglia. Le ventole girovaganti sono spente e c’è il condizionatore che mantiene una temperatura gradevole in questa stanza male odorante “a chiusura stagna”. La magia non dura molto. Qualcuno apre la porta lentamente… Sarà mica Ciubecca che vuole infilarsi nel mio letto? Il tempo di riprendere sonno e mi risveglio sentendo il rumore dello strofinamento dei sacchetti di plastica che, nonostante siano insopportabili da sentire nel dormi-veglia, riescono a strapparmi un sorriso. Comunque decido di mettere i tappi per le orecchie. Basta svegliarsi per banali rumori! Riesco a riprendere sonno ma non per molto. Forse è una giornata storta per dormire o forse devo solo riabituarmi a dormire in ostello con i suoi pro e contro. Mi risveglio perchè il compagno che sta dietro di me è un signore sulla cinquantina ed è davvero lungo. Tanto che i suoi piedi arrivano a toccare il mio cuscino, strofinandolo o schiacciandolo ogni volta che fa dei movimenti incontrollati, di riflesso, nel sonno. Mi tocca invertire la mia posizione testa-piedi. Che vuoi che sia. Passa qualche ora, siamo nel pieno della notte, e mi sveglio in un colabrodo. Cosa è successo, perchè tutta questa umidità? Qualcuno ha spento il condizionatore! Via le coperte e la maglietta e mando a fanculo questo ritorno in ostello facendo finta che sia un bel sogno.
Le notti successive sono andate meglio. Ci si riabitua! 
Ostello tutto il viaggio? Mah, vedremo!



Il giorno dopo questa turbolenta nottata sbrigo immediatamente le pratiche all’ambasciata vietnamita la quale mi da appuntamento entro due giorni per rilasciarmi il visto con adesivo sul passaporto. 
Mi faccio un bel giro nella città, non c’è un granchè storicamente parlando ma almeno scorre lo storico fiume del sud-est asiatico, il Mekong, e vado a dargli il mio saluto immaginando tutto quello che ha visto e passato nel corso dei secoli. Mi siedo lungo l’alta scalinata che bordeggia il fiume per ammirare il tramonto, uno dei miei hobby preferiti, e arrivano delle donne loatiane in bicicletta che vogliono farmi le unghie. Si, proprio le unghie. Qui a Vientiane, lungo la strada che bordeggia il fiume Mekong, nel tardo pomeriggio, cominciano a girare queste donne attrezzate con tutto il necessario per farti le unghie. Insistono ma io dico di no… Ma in realtà è un "ni" e quindi dopo almeno 10 anni qualcuno mi fa le unghie. Unghie delle mani e dei piedi, e pulizia dei bordi del tacco del piede, che dopo quasi tre mesi senza scarpe chiuse e calzini è diventato nero perfino sotto la pelle, inoltre, nel mentre, un’altra donna mi massaggia le spalle… Ah, questo si che mi piace! Il tutto al calare del sole, alla modica cifra di 4 euro dopo una lunga trattativa...La sera incontro per caso D. un ragazzo italiano che vive a Chiang Mai, in Thailandia, e che avevo conosciuto la sera prima davanti l’ostello dove alloggiavo scambiandoci un paio di battute in inglese. E come spesso succede tra italiani che si parlano in inglese, quasi subito ci si riconosce. E’ bastato che gli dicessi, in inglese, che strada prendere per andare in tal posto perché mi dicesse: “Sei italiano eh!”. Andiamo a farci una birra dopo una lunga camminata ci scambiano alcune esperienze della vita, anche profonde, fino a quando il proprietario del locale non comincia a chiudere e tirare su le sedie. Non è tardissimo, qui nel Laos, in generale alle 23,00 si chiude tutto! 
Dopo avere ritirato il passaporto con il visto per il Laos mi organizzo per la prossima destinazione, Vang Vieng. Una città famosa ai backpackers (viaggiatori zaino in spalla) occidentali per la vita notturna tra fumi d’alcol, trekking, e tubing che sarebbe una camera d’aria della ruota di un camion con la quale ti butti nel fiume e ti lasci andare. Io invece ci vado per vedere le caverne…

                                          Vientiane

   Buddha park, Vientiane




L’ostello nel quale alloggio a Vang Vieng non è più confortevole di quello di Vientiane. Diciotto persone miste in camera, senza finestre, di cui un terzo tornano alle ore più varie della notte sbronzi e si sente: a volte cadono dal letto a castello o scivolano dalla scala mentre salgono…  Non si è mai fatto male nessuno. Ma che botte! Complice anche lo staff dell’ostello che mette a disposizione, a partire dalle 17,30 fino a notte, whisky gratis per tutti a volontà.
Ad ogni modo conosco un sacco di persone e ne ricavo delle idee su rotte e modalità per proseguire questo viaggio nel sud est asiatico. L’idea più innovativa per il mio viaggio, ora, e che vorrei attuare in Vietnam me la da GT, un tedesco che assieme alla sua fidanzata sta facendo il giro del mondo in sei mesi. Ha toccato zone dell’Europa, Australia, Sud America  e ora è in Asia. Si tratta di comprare una motocicletta per pochissimi soldi (circa 200 euro) e percorrere la meravigliosa costa del Vietnam e poi rivendere la moto. Vedremo come gira! 
Ma io sono qui per le caverne e quindi mi avventuro dentro, le penetro, mi perdo, ci parlo, mi immagino ed esco… molto sudato. In particolare la “Pha Thao Cave” è suggestiva: lunga, stretta, poi larga e a due piani. Stalattiti e stalagmiti che nel corso del tempo prendono naturalmente forme note all’occhio umano. Figure umane, animali, piante… Oppure è solo calcare che prende forma secondo la mia immaginazione?
Una sera re-incontro AD. il ragazzo indiano conosciuto nel tuk tuk a Vientiane  e ci facciamo una birra comprata al supermarket seduti nei tavolini subito li fuori. Davvero bella questa idea nel Laos di mettere tavolini fuori dal supermarket per consumare a basso costo. Alla conversazione si aggiunge NL. una donna francese che viaggia da tantissimi anni tra Brasile e Asia che non è rimasta felice della sua esperienza in India 30 anni fa. Ne nasce una divertente bagarre con AD. che tenta di difendere la sua patria ma senza successo nei confronti di NL.
Sono stato in India quattro mesi l’anno scorso e posso immaginare quanto potesse essere difficile, 30 anni fa, per una donna europea viaggiare in quella terra, comunque per me straordinaria.
Vang Vieng dopo appena tre giorni non ha più nulla da darmi e visto che le caverne le ho visitate decido di spostarmi a Luang Prabang nel centro-nord del Laos.

                                                             


                                Vang Vieng panorama






Luang Prabang è la città più storica del Laos attraversata dal mitico fiume Mekong. Appena arrivo mi faccio una camminata lungo la strada non trafficata che costeggia il fiume. Ed è subito pace! Molte città, il traffico, lo smog, non sono alla mia portata. Ok, si, qualche giorno giusto per comprenderne la storia ma se sto oltre quella soglia comincia lo scombussolamento. Sto invecchiando, ma è una vecchiaia che mi piace e che sta facendo una bella cernita di cosa va bene o non va bene… Comunque Luang Prabang è alla mia portata, ha i suoi spazi per stare in solitudine, senza casino, lungo il Mekong e anche per stare in compagnia. Ad esempio è semplice conoscere persone al mercato notturno nella zona dove ci sono le bancarelle del cibo a buffet. Ti prendi il piatto e ci metti dentro quello che vuoi: pasta, riso, frutta, verdura o carne il tutto alla modica cifra di 15000 kip, che oggi equivalgono a 1,8 euro. Ti siedi dove trovi posto e cominci parlare con chi hai di fronte. Di solito sono tutti viaggiatori e quindi si condividono esperienze simili, i perchè, ma soprattutto rotte future, e quando il ritorno a casa? Alcuni non lo sanno e viaggiano come me in un "eterno" tempo presente. Non uso l’orologio, non so quasi mai che giorno del mese o della settimana sia, e mi informo sulle date solo quando devo spostarmi da un luogo all’altro per lunghe rotte. 
Luang Prabang è una città ricca di templi buddisti e nella via principale non manca di trovarne uno ogni 30 metri, vi sono molti negozi lao-style, bancarelle lungo la strada che vendono lo “fruits shake” (frullato), agenzie di viaggio, architetture derivanti dal colonialismo francese del secolo scorso ma soprattutto ci sono delle cascate d’acqua bellissime!
La sera del secondo giorno a Luang Prabang, dopo una cena mal digerita, incontro ancora, per caso AD, il ragazzo indiano, con un suo compagno di ostello francese GV. Facciamo gruppo e andiamo a berci una birra nel luogo più economico della città, al supermarket, e ci sediamo fuori nei tavolini. Nel frattempo comincio ad avere prurito in varie zone del corpo come se delle zanzare mi pungessero, ma sono troppo preso delle divertenti conversazioni con i miei amici e con tutti gli altri, che a turno si aggregano, e non ci bado. Fatto sta che l’indomani mi sveglio con braccia, gambe e piedi pieni di escoriazioni rosse come fossero punture di zanzare e la sensazione di prurito è proprio uguale a quella. Un po’ mi preoccupo ma confido nell’intelligenza del mio corpo che di solito sa riparare al mio mancato ascolto di alcuni messaggi. Forse è stata la birra o il cibo, o forse è ora di dormire in pace da solo in una stanza dopo le esperienze nelle rooms-bunker a 16/18 persone nei precedenti ostelli. Questa giornata a chiazze rosse diventa un lungo momento di meditazione fino a sera. Il corpo sta parlando, cosa sta dicendo? Dice che sono un po' stressato e quindi mi metto lungo il Mekong a contemplarlo, in compagnia dei miei più cari amici che la natura mi ha dato: l’acqua (in questo caso del fiume) e il Sole. Funziona! L’ allergia si arresta ed io sorrido, consapevole che devo aggiustare meglio i miei desideri con le mie possibilità e reali esigenze. 
Il giorno dopo mi dirigo verso le Khuang si waterfall, una meraviglia della natura che dista a 35 km da Luang Prapang. Il parco è davvero bello, se togliamo l’esibizione di orsi grizzly in gabbia che si trovano vicino l’entrata. Le cascate si erigono a circa 70 metri di altezza e l’acqua, nel corso dei secoli, ha creato il suo percorso formando altre cascate più piccole e piscine dove si può anche fare il bagno. Ed infatti molte persone si gettano nelle varie piscine naturali. Non ho nulla con me per fare il bagno, come il costume, asciugamano o ricambi vari. Ma la tentazione e troppo forte e dopo alcuni tentennamenti mi spoglio in mutande e, con il mio, ancora, corpo a chiazze rosse, mi tuffo nell’acqua fredda che lentamente diventa tiepida e poi calda… Ah.. Godo.
Da Luang Prabang ho due alternative di viaggio. Verso nord a Luang Namtha, ideale per trekking o verso est nella misteriosa “piana delle giare”. Non vi sono dubbi che dove c’è del mistero a “portata di mano” io non posso mancare e quindi, bene, verso est! 

                      Khuang si waterfall, Luang Prabang


Fiume Mekong, Luang Prabang



Tempio, Luang Prabang




Mi aspetta una lunga giornata verso Phonsovan, nella provincia dello Xiang Khoang nel Laos nord-orientale per vedere la misteriosa piana delle giare.
Sono ancora in stanza nell’ostello a Luang Prabang quando sento un tizio che chiede a chiunque se deve andare nella stazione dei bus. Mi chiedo: “vuoi che sia il driver del tuk tuk che è già venuto a prendermi? Sono le 7,15 ed eravamo d’accordo con l’agenzia che mi ha venduto il biglietto del bus per le 7,40. Cmq accelero la preparazione dello zaino ed esco in un baleno ed infatti era proprio lui, purtroppo. Dico purtroppo perchè la colazione viene servita dalle 07,30 ed è troppo presto per chiederla, inoltre c’è un’altra persone nel tuk tuk che sta aspettando per andare alla stazione. Brum brum, si parte! Il tuk tuk loatiano non è altro che una mezza motocicletta con un carretto con tettoia saldato al seguito. Differente da tutti quelli che avevo visto precedentemente nei paesi visitati fino ad ora in Asia. Arriviamo alla stazione. Cerco di capire quale è il bus che mi porterà a Phonsavan e mi viene indicato un mini bus quelli a misura d’uomo laotiano 165 centimetri, il che fa tremare le mie ginocchia che per 9 ore rimarranno schiacciate nello schienale del sedile che ho davanti. Meglio non pensarci per ora, mancano ancora 30 minuti prima della partenza ed ho tutto il tempo di mangiare qualcosa. La stazione in questione non è il top della modernità, inutile pensare ad un breakfast “continental”  e quindi mi accontento di un Lao the e un sandwich con frittata. Giusto il tempo di finire ed ecco chè è ora di partire. Il mio posto non è niente che popo di meno che l’ultimo dietro a sinistra. In castigo oggi!  Comincia il viaggio, fianco a me ho un ragazzo loatiano, tutto tirato e impomatato, con la fissa degli autoscatti con il telefono. Eh si, la selfie mania è arrivata anche nel Laos. Ogni tanto fotografa anche fuori e quindi gli sposto la tendina, ma ogni volta che guardo che panorama sta fotografando non noto nulla di suggestivo in quel momento. La cosa mi fa sorridere, ma mai tanto come quando si mette il deodorante stick sotto le ascelle. 
Ci inoltriamo nelle montagne, ed ora la vista comincia ad essere davvero suggestiva. Le strade sono strette, non ci sono protezioni nei bordi e molte buche fanno tremare il mini bus fino a quando… Crash!! Un incidente! Il primo in dieci mesi di viaggio. Una gran botta tanto che il bus dal colpo torna indietro di almeno un metro. Ci siamo scontrati con una automobile la cui parte del motore è distrutta. A bordo c’è una famiglia con due bambini ma nessuno è ferito. Per quanto riguarda il bus, invece, parti meccaniche illese, distrutto solo il fanale anteriore sinistro, e quindi presto si potrà ripartire. Tra i passeggeri del bus c’è un signore francese che ha preso una gran botta sotto il ginocchio ed ora è gonfio. Ricordo che il francese, prima di partire, insistette per farsi cambiare di posto e farsi mettere in prima fila per stare più comodo e avere più spazio per le ginocchia ma al momento dell’incidente ha sbattuto su un paletto in ferro, anziché un più morbido schienale di un sedile.
Finito il rito ci constatazioni con la polizia locale possiamo ripartire. Continuo a guardare fuori dal finestrino a guardare il panorama: queste strane e bellissime montagne, villaggi con case in mattoni ma anche in legno oppure il piano terra in mattoni e il primo piano in legno. Persone accovacciate che stanno sul ciglio della strada a guardare, gruppi di bimbi che giocano in mezzo la strada anche se non capisco mai con cosa, forse usando solo la fantasia, ma vedo che ridono e si divertono. Poi qualche baracca che vende prodotti di prima necessita ma anche uomini che tagliano legna e donne che stendono i panni al vento. La mia immaginazione parte e mi immedesimo in quelle situazioni facendomi un bel viaggio… Come sarebbe se facessi ora quella vita per anni? Quali pro e contro sperimenterei rispetto a quello che credo di essere ora? Ma alla fine è inutile darsi delle risposte vaneggiando, bisognerebbe provare davvero. Ancora un paio di ore e ci siamo, arriveremo a Phonsavan a vedere la misteriosa piana delle giare!
Inizia ad imbrunire, il cielo comincia a coprirsi di nuvole e vedo gli alberi scossi dal vento. Siamo arrivati a destinazione! Scendo dal bus e fa un freddo assurdo rispetto alla mattina. Temperature in picchiata! Dopo l’assalto dei venditori di tour per la piana delle giare, i quali ti parlano come se avessi già firmato un contratto con loro solo per avergli dato retta, prendo un tuk tuk assieme ad altre persone per dividere i costi, e mi dirigo verso la guesthouse che avevo in mente. Finalmente un po’ di relax. 
L’indomani mi sveglio con un tempo davvero pessimo, pioggia, vento e temperature vicino allo zero gradi. Pessima idea per andare nella piana delle giare che dista circa 15 chilometri e decido di organizzarmi per il giorno seguente.
Il giorno seguente non piove ma è davvero freddo e il vento taglia la pelle del viso e delle mani! Ne approfitto della pausa pioggia e assieme ad una coppia di anziani francesi affitto un tuk tuk e andiamo…
Giunto nel luogo mi improvviso documentarista della misteriosa piana delle giare e giro delle scene con cui creerò un video documentario da pubblicare nel mio blog.
Ma cosa è la piana delle giare? E’ un luogo ancora avvolto dal mistero, anzi è uno dei più grandi misteri dell’archeologia mondiale e si stima che siano state create attorno il 500 a.c. Le giare sono disseminate in un altopiano comprendente una serie di almeno 90 raggruppamenti con un numero di giare che variano in altezza  comprese tra 50 cm e tre metri. Sono tutte scavate direttamente nella roccia. Ogni raggruppamento varia da una giara fino a 400 giare. Molte giare presentano un coperchio e non sono decorate ad eccezione di un singolo bassorilievo. Le giare sono state scolpite in diversi materiali rocciosi quali pietra calcarea, arenaria e il granito. Tutt’oggi è un mistero su come si potesse nel 500 a.c. modellare il granito con gli strumenti di quell’epoca, lo scalpello in ferro. Oppure era in uso una tecnologia ancora oggi sconosciuta per quell’epoca?
Riguardo l’origine delle giare si sono avanzate varie ipotesi tra gli archeologi che si sono interessati. Erano forni crematori, vasi di disidratazione dei cadaveri o contenitori per l’acqua che sarebbe stata raccolta durante la stagione delle piogge?
Oppure è andata come narra la leggenda locale, tramandata dalle popolazione del Laos nel corso dei secoli. Una razza di esseri giganti abitava la zona ed era governata da un re chiamato Khung Cheung che, a seguito di una vittoria contro il suo acerrimo nemico avrebbe dato disposizione di creare le giare per potervi mettere dentro un liquore chiamato “lai hai” e celebrare la vittoria. 
E' incredibile potere ancora visitare la piana delle giare a causa dei pesanti bombardamenti a cui è stata sottoposta tra il 1973 e il 1964 da parte dell'esercito americano nella così detta "guerra segreta" nella quale furono lanciate milioni di tonnellate di bombe a grappolo. Solo 7 siti su circa 90 sono stati bonificati, ed ora, grazie ad uno specifico percorso è possibile, in parte, visitarla.
Nel 1992, i siti archeologici sono stati sottoposti ufficialmente all’attenzione dell’Unesco che lo ha inserito tra le candidature alla lista dei patrimoni dell’umanità.

                                     Piana delle giare

Piana delle giare




A causa della data che ho fatto mettere sul visto per entrare in Vietnam quando ero a Vientiane mi trovo a dovere attendere altri otto giorni prima di potervi entrare. Potrei spostarmi un po’ più ad est ma visto il tempo davvero pessimo e le strade delle montagne loatiane alquanto insicure, preferisco fermarmi a Phonsavan altri tre giorni prima di dirigermi verso Sam Nuea dove, li vicino, a Viengxay ci sono le famose caverne.
In questi tre giorni di pioggia e freddo mi barrico in un ristorantino la cui temperatura media sono 6 gradi. Vendono del buon vino rosso, non so che marca sia ma verso sera mi faccio qualche bicchiere per scaldarmi, e visto il freddo è davvero difficile prendere una sbronza o diventare semplicemente “allegri”. Si mangia decentemente sia occidentale che locale ad un prezzo accettabile, se non che, l’ultima cena prima della mia partenza, vedo un topo entrare in cucina. Ahahah… Mi faccio una risata e mi chiedo se tutto quel buon gusto del cibo fosse l’effetto della cacca dei topi per contorno.

Giorno della partenza per Sam Nuea
Sono felice di partire per Sam Nuea, il viaggio è con un mini-van e finalmente starò al caldo dentro il mezzo. Ma non è così. La signora fianco a me, nel bel mezzo delle montagne, curve e buche, si sente davvero male e comincia a vomitare dentro il sacchetto trasparente un fluido di colore azzurro/arancione. Davvero non riesco a capire cosa possa essere quella torba. Comunque apre il finestrino per prendere aria e si stende nel posto libero che ha di fianco. L’aria è gelida, io sono di fianco a lei e i miei capelli svolazzano al vento fino al primo pomeriggio; quando lei si sente meglio, la temperatura si è alzata e quindi chiude un po’ il finestrino.
Evviva siamo arrivati! In una città fantasma perchè per la maggior parte del tempo non c’è elettricità e sarà così per un paio di giorni… Pile  e candele, si. La mia prima cena a Sam Nuea l’ho fatta con un americano di Chicago conosciuto nel mini-van, a lume di candela. Nessun argomento romantico durante la cena ma ovviamente la nostra attuale passione, viaggi! 
L’indomani con una coppia di australiani conosciuti alla stazione dei bus mi dirigo a Viengxay a visitare le caverne nelle quali, il partito comunista “The Pathet Lao”, stabilì una città nascosta tra il 1964 e il 1973, durante la così detta “guerra segreta” per difendersi dai bombardamenti da parte dell’esercito americano. Sono rimasto davvero affascinato da questa città costruita nelle caverne. I fori erano stati creati con la dinamite e poi vennero allestite stanze con pareti i legno dove non fossero state sufficienti le pareti create con la roccia esplosa: camere da letto, bagni, uffici, cucine, ospedali, scuole, stanze a chiusura stagna per nascondersi durante i bombardamenti; in cui una speciale pompa manuale permetteva di pescare aria dall’esterno e filtrarla per respirare ossigeno idoneo. Che dire, non mi aspettavo nulla di particolare ed invece mi sono trovato immerso nella storia di circa 50 anni fa per almeno tre ore…

                                 Caverne a Viengxay


stanze dentro le caverne a Viengxay



Sam Nuea si trova vicino al confine loatiano-vietnamita ed una nuova avventura si profila all’orizzonte. Manca poco, Vietnam sto arrivando e un uccellino mi ha detto che sei un luogo molto interessante…